Fiaba, sogno e intersoggettività. Lo Psicodramma analitico con bambini e adolescenti. Angela Sordano (socio ARGO)

Nella letteratura che si occupa di psicoterapia di gruppo in età evolutiva solo recentemente si assiste ad un incremento di contributi scientifici che cercano di affrontare il complesso rapporto tra teoria, tecnica e pratica clinica.

Come sostengono Fonagy e Targhet (2003) “ il problema più cospicuodella costruzione teorica psicodinamica consiste nel suo rapporto con lapratica clinica” . Per poter affrontare lo spinoso problemadell’efficacia terapeutica in primo luogo credo si debbano creare le condizioniper poter permettere la condivisione tra contributi scientifici e questecondizioni sono costituite, tra le altre, da un rigorosa descrizione deiparametri di riferimento teorici e formali. In questo campo il lavoropsicoterapeutico di gruppo in età evolutiva, nonostante abbia ormai una vastadiffusione nelle istituzioni, inizia a muovere i primi passi.

Nel testo di Angela Sordano si coglie il tentativo, effettuato con chiarezzaespositiva e spirito scientifico, di contribuire al confronto teorico-clinicosui parametri di riferimento (teorie, dispositivi, processi) e quindi suglieffetti della terapia di gruppo con bambini e adolescenti.

Il prezioso volume offre la possibilità al lettore di riflettere sul fattoche l’intervento terapeutico in gruppo in età evolutiva deve tener conto oltreche di aspetti specifici, che lo contraddistinguono dal lavoro con gli adulti,anche della complessità della mente infantile e direi, della responsabilità delconduttore nella sua funzione terapeutica con i bambini e gli adolescenti.

Una prima risposta data dall’autrice è il suo personale percorso diformazione: l’incontro tra paradigmi teorici diversi tra cui in primo luogo laformazione classica sullo psicodramma analitico e l’analisi personale diorientamento junghiano, ma anche l’attenzione, costante nelle pagine del libro,alle teorie dello sviluppo infantile come le teorie dell’attaccamento e dellacostruzione del Sé o le teorie dello sviluppo cognitivo.

Una seconda risposta si rintraccia in un filo rosso che pervade tutto illibro: l’immagine, in senso esteso, come codice comunicativo centrale nellacostruzione di una relazione analitica in una fase, come l’età evolutiva, incui il codice verbale non fornisce una esauriente chiave di letturadell’esperienza emotiva. Secondo l’autrice le immagini sono dei testi visivicon delle proprie categorizzazioni logiche simili al codice linguistico. Hannoquindi il “ valore di rappresentazioni con le quali il soggetto staorganizzando i propri vissuti sollecitati dal gruppo”.

Nella letteratura psicoanalitica e nella psicologia dell’età evolutival’immagine, come il linguaggio del corpo e il gioco spontaneo, hanno unavalenza narrativa. Ritengo che un importante contributo in questo senso siastato dato da Dina Vallino (1999) nel lavoro psicoanalitico con i bambini: lanarrazione del bambino avviene attraverso disegni, azioni e parole, talvoltacon strutture piuttosto brevi ma comprensibili, “le storie nascono dallasua creazione personale, dalla sua scelta, dalla libertà offerta nella terapia.Per aiutarlo a dare un senso è necessario porsi al livello del bambino che èquello narrativo”. Altro contributo importante si ritrova nellapsicologia culturale di Bruner (1990) quando sostiene che lo scambio dinarrazioni in un gruppo può consentire la trasmissione, la coordinazione el’arricchimento dei contenuti mentali quindi la produzione della cultura di ungruppo.

Angela Sordano in gran parte del suo testo, ove peraltro non compare neltitolo la parola narrazione, compie a mio parere lo sforzo, attraverso un suopersonale approccio tecnico e clinico, di comprendere e dare un senso allenarrazioni dei bambini e degli adolescenti in gruppo.

Analizzando nel particolare la struttura di questo testo vediamo quindi, cheoltre a rappresentare un rigoroso contributo scientifico e clinico, costituisceanche un valido strumento per la formazione fornendo, nel succedersi degli ottocapitoli, un quadro completo e ben organizzato.

Si nota infatti nel primo capitolo, l’intenzione esplicita dell’autrice dichiarire le basi teoriche che guidano il suo lavoro (lo psicodramma analiticojunghiano) mettendole a confronto con altri differenti approcci allopsicodramma in età evolutiva. Viene infatti fornito sia un quadro storico,dall’introduzione dello psicodramma da parte di Moreno all’intreccio con lapsicanalisi avvenuta proprio nell’ambito dell’età evolutiva ad opera dellacosiddetta scuola francese, che un’analisi delle più recenti applicazioni dellatecnica psicodrammatica, cui l’apporto di riferimenti teorici diversi comeLacan e Bion, ha provocato differenze sia nelle tecniche che nelle chiavi dilettura dei processi individuali e di gruppo. Fino a definire lo psicodrammaanalitico Junghiano in cui la teoria analitica si intreccia con la tecnicadello psicodramma moreniano.

Seguono quindi due capitoli che mirano a definire la cornice operativa incui il dispositivo dello psicodramma analitico junghiano viene inseritoall’interno dell’istituzione e come questo dispositivo gruppale possa a suavolta fare da cornice (il corsivo è mio) ad una migliore comprensione delsoggetto e della sua “diagnosi”. Si nota la lunga esperienzadell’autrice in setting istituzionali quando pone l’attenzione, citando Bleger,al fatto che la definizione della cornice assume la funzione di consentire unprocesso riflessivo nei gruppi allargati.

Nel testo si ritrova quindi una dettagliata esposizione del dispositivo dicui cito la particolare attenzione prestata nel progettarlo, adattandolo allecaratteristiche proprie delle fasi dello sviluppo del bambino edell’adolescente. Altro aspetto importante affrontato è la relazione con igenitori in particolare prevedendo gruppi che affiancano i gruppi di bambini:il bambino dipende dalle definizioni della realtà date dai genitori e nonsempre i genitori hanno una chiara consapevolezza della dipendenza narrativadel bambino . Il gruppo dei genitori offre l’opportunità di superare ilparadosso di una richiesta di cambiamento senza cambiare .

L’altra questione posta è quella della diagnosi e di come il gruppo offreuna possibilità di conoscenza attraverso l’osservazione di relazioniorizzontali con i pari e verticali con gli adulti. Il vertice su cui si muovel’autrice è il tentativo di coniugare apporti di teorie diverse come la teoriadell’attaccamento, la teoria junghiana del Sé e la teoria dei ruoli alla basedello psicodramma. La lettura diagnostica all’interno del modello propostodall’autrice è possibile attraverso “ l’analisi del grado di integrazionedel Sé e della qualità delle rappresentazioni interne rese esplicite dallecompetenze narrative”. Questo permette all’autrice di proporre degliindicatori specifici utilizzabili per la diagnosi in gruppo con la tecnicadello psicodramma analitico junghiano.

Per brevità espositiva raccordo tra loro i successivi tre capitoli cheentrano nel merito degli strumenti utilizzati: il disegno, la fiaba, ilracconto e l’azione psicodrammatica.

Si nota un approccio al disegno del bambino rispettoso e consapevole dellavalenza simbolica ed esplorativa che questo assume. In questo caso direi dellavalenza narrativa: l’approccio dell’autrice non è una interpretazione classicadel disegno come può essere data in un test proiettivo. Si attesta su quelloche lei chiama, riferendosi alla semiotica figurativa, secondo livello delfigurativo: il motivo, il tema portato nel gruppo, la storia che vuoleraccontare il bambino e non la storia personale del bambino. Il ruolo delconduttore sarà “ sostenere l’espressività, amplificare gli aspettirelazionali dell’immagine senza valutarne il contenuto, far emergere lerisonanze emotive tra i membri lasciando aperto il processo assimilativo allapropria esperienza personale”.

L’analisi dettagliata delle funzioni delle fiaba , del racconto e del sogno(quando questo appare nel gruppo) che l’autrice offre, portano a riflettere sulrapporto ascolto/racconto e sul ri/narrare in gruppo. Dice Friedman riferendosial racconto del sogno (2006) “la narrazione del sogno mette in azioneprocessi di sviluppo attraverso il potenziamento della funzione alfa…..sembra che vi sia una forte interconnessione fra la narrazione di sogni el’ascolto della narrazione”. Credo che per i bambini sia la strutturastessa della fiaba ove l’uso del “c’era una volta”, il tempopassato ma indefinito, e l’esplicitazione delle azioni ed intenzioni deipersonaggi piuttosto che l’enfatizzazione dei sentimenti e delle emozioni, chepermette una propria proiezione di senso. Come dice Hochmann (1996): spesso ilbambino comprende solo una parte del racconto, alcune parole che lo hannoaffascinato particolarmente e “se lo si interroga su ciò che ricorda,cosa che è meglio non fare, ci si accorge che l’ha ricostruita a propriouso”.

Non è possibile in questo contesto entrare nel merito dei precisiriferimenti teorici citati da Angela Sordano che confrontano mito e fiaba ofiaba e racconto e sogno dei bambini esposti con chiarezza anche attraversol’uso di tabelle esplicative, a cui rimando il lettore, quanto mi soffermerò sudue aspetti sottolineati dall’autrice:la collocazione a temporale della fiaba ela depurazione dei contenuti affettivi. Entrambi questi aspetti permettonoall’ascoltatore di operare un distanziamento (funzione schermo come definitodall’autrice) “ permettendogli di mettersi in una posizione di abbandonodel controllo razionale sull’esperienza emotiva ed affidarsi a tante possibiliidentificazioni” .

La possibilità di ri-raccontare la fiaba o il racconto costruito in gruppo,offerta dal disegno e dalla messa in scena psicodrammatica, permette al bambinodi integrare diverse identificazioni con elementi diversi operate dai membridel gruppo e di restituire una possibile costruzione di significati.

Infine soltanto alcune parole sul capitolo che affronta dettagliatamente laprospettiva intersoggettiva dello psicodramma Junghiano che l’autrice propone.L’aspetto centrale del tentativo dell’autrice di coniugare apporti teoricidiversi si ritrova in particolare nel concetto di ruolo come un vero e propriomodello operativo capace di organizzare le azioni e di strutturare un suosistema di significati. All’interno della rappresentazione psicodrammatica ladistribuzione dei ruoli implica la possibilità di rappresentare tutte lefunzioni necessarie a dare un senso di unità al Sé. L’energia trasformativa nonè insita nel contenuto del racconto ma nelle azioni dei personaggi che vengonocaratterizzati emotivamente dalla personalità dell’attore e dalla matriceintersoggettiva del gruppo.

In questo completo testo non poteva quindi mancare una ampia riflessione suiprocessi del gruppo esposta dall’autrice nel penultimo capitolo. Sappiamo chenon vi è una vasta letteratura che approfondisce questi aspetti nei gruppi inetà evolutiva. Per approcciarsi a questo studio anche l’autrice fa ricorso ateorie che sono state elaborate partendo dall’osservazione sui gruppi di adulticome, tra gli altri, Pichon-Rivière, Kaes e Neri. L’interesse dell’autriceanche in questo caso si rivolge alla relazione gruppo – soggetto, vista,come Pichon-Rivière in maniera dinamica e collocata in una immaginaria linea dicontinuità. Nel rapporto individuo gruppo si apprezza il tentativo di collocarefasi del gruppo in un ordine di continuità e verso la progettualità.

Il libro si chiude con le storie. Le storie dei soggetti e del gruppo. Ineffetti tutto il libro è pervaso da storie: storie personali di bambini eadolescenti, storie raccontate, storie disegnate e costruite in gruppo, storierappresentate. Nei resoconti, che con generosità l’autrice offre al lettore,ogni storia è diversa come è diversa in ogni gruppo la rappresentazione dellastoria che ogni gruppo mette in scena.