Note sul dipinto di Bion
«Poi,» continuò il giardiniere, «a destra si apre la valle e lo sguardo spazia su ricchi boschi e praterie in una limpida lontananza» (J.W. Goethe, Die Wahlverwandtschaften , Le affinità elettive , trad. di M. Mila, in J.W. Goethe, Romanzi , A. Mondadori Editore, Milano 1979, p. 507)
C’è più cielo che terra nel paesaggio di Bion: in uno spazio sgombro e costruito per piani orizzontali, egli rinuncia a imporre immagini preminenti e lascia allo spettatore la libertà di scorrere con gli occhi per ogni dove.
Lo sguardo, non vincolato a punti di fuga prospettici, procede dal margine del quadro e si addentra in un paesaggio memore dell’esperienza del landscape gardening , dove la perizia di un Charles Bridgeman (1680-1738), un William Kent (1684-1748), un Lancelot Brown (1715-1783), è al servizio della costruzione di un ambiente che, al di là delle geometrie architettoniche del giardino italiano, si amplia, senza soluzione di continuità, dai primi piani di fiori e cespugli, alle lontananze dei campi e delle masse scure dei boschi all’orizzonte, fino a cedere all’infinità del cielo e al trascorrere delle nuvole. Nella velata reminiscenza delle atmosfere di John Constable (1776-1837), il movimento delle nuvole nel cielo, vero protagonista della composizione di Bion, fa da contrappunto alla quiete dei campi e invita a soffermarsi sul processo di costante trasformazione delle forme.