“Anoressie: patologie del sè corporeo”
a cura di Antonio Ciocca, Stefania Marinelli e Federico Dazzi
“Anoressie”. Come possiamo notare il titolo del libro va a sottolineare una pluralità, mettendo in evidenza le differenze interindividuali che sottendono però una similarità, “patologie del sè corporeo”. Grazie al contributo di vari Autori, viene evidenziato come in queste patologie è il corpo ad essere la manifestazione della sofferenza della persona. Attraverso racconti di casi clinici e contributi psicodinamici, vengono analizzati il rapporto tra la mente e il corpo, come l’unione fra le due può avvenire grazie alla funzione materna, e i casi in cui questo non succede: la dissociazione psicosomatica.
Sappiamo che il tasso di maggior incidenza di questi disturbi è l’adolescenza e De Mijolla-Mellor sottolinea come in questa fase evolutiva “la relazione Io-corpo viene a sostituirsi al rapporto Io-l’altro”. E cosa accade quando quest’ultimo rapporto è basato sul rifiuto, sull’assenza?
La riattivazione delle pulsioni sessuali, l’acquisizione del pensiero ipotetico-deduttivo, la ricerca identitaria in questo nuovo corpo più vicino all’età adulta che a quella infantile, fanno dell’adolescenza una fase densa di cambiamenti, dove vi sono grandi opportunità di sviluppo, di rielaborazione ma, allo stesso tempo, pericoli e rischi sul piano psicologico. E cosa succede quando l’adolescente non riesce a portare a termine questo lavoro psichico?
É qui che si può delineare l’attacco al corpo, che nelle anoressie risulta evidente. Questo diventa lo spazio rappresentativo di ciò che non è rappresentabile nel pensiero; vita e morte diventano gli unici punti di vista in pazienti dissociate dall’interezza del loro corpo.
Nelle anoressie spesso si individuano casi di dissociazione psicosomatica e gli Autori ben illustrano, attraverso diversi pensieri, come avviene la costruzione di un senso di Sè nascente, in cui soma e psiche si configurano come entità integrate. Viene sottolineato come invece nella psicoterapia con persone anoressiche emergano, costantemente separate, emozioni e sensazioni, sentite spesso come persecutorie, e come quindi le loro narrazioni siano dislegate da un’emozionalità. Viene sottolineata l’angoscia, l’intolleranza, il rifiuto di essere un corpo.
Gli Autori evidenziano come spesso non vi sia una relazione funzionale fra soma e psiche. La mente nelle anoressie non lascia il posto alle sensazioni del corpo: fame, sazietà, freddo e caldo, non trovano un posto nella mente, vengono escluse dalla coscienza. Questa dissociazione psicosomatica non elimina solo le sensazioni, ma impedisce anche la costruzione di un sè autobiografico, separando gli eventi accaduti da tutto ciò che di emozionale era collegato a tali eventi. Il dolore delle pazienti non riesce ad essere rappresentato con la parola, non vi può essere accesso al simbolico, se non attraverso l’attacco alla corporeità.
Nel testo vengono inoltre evidenziate le differenze fra pazienti anoressici e bulimici, sottolineando come questi non siano intesi come appartenenti a due categorie diagnostiche, ma come differenti macroaree del disturbo, basate rispettivamente su uno stile restrittivo e su uno inglobante.
Viene affrontato inoltre il tema della continuità/discontinuità fra anoressie ad esordio infantile ed anoressie ad esordio puberale e adolescenziale, focalizzandosi sull’incontro madre-bambino, sull’incontro tra rappresentazioni materne ed un bambino con il suo temperamento.
Infine gli Autori si concentrano sugli studi neurofunzionali che vanno ad indagare la percezione dell’immagine del corpo, illustrando le varie tecniche di neuroimaging e gli studi più recenti sulle anoressie, in particolare gli studi di Risonanza Magnetica che permettono di indagare proprio il sè corporeo, il body self.
Ritengo calzanti con questo libro le parole di uno tra i drammi più famosi ancora oggi:
“Dai parole alla sofferenza: il dolore che non parla bisbiglia al cuore travagliato e gli ordina di rompersi”. (Shakespeare, Macbeth, atto IV, scena III)