Bion

Bion e il mistico

Abstact
Per comprendere il “misticismo” di Bion è necessario considerare il viraggio che ha caratterizzato la sua vita: fino a metà degli anni ’70 Bion scrisse ampiamente e magistralmente di psicoanalisi, rimanendo inquadrato in una concezione di pensiero che si può definire “aristotelico-kantiana” e per la quale, nel trattare dei gruppi, egli assunse una modalità sostanzialmente “militare”. Un evento “catastrofico”, legato al suo venire a contatto con la psicoanalisi Nord-Americana, destabilizzò questa impostazione mentale, nella quale niente si ritrova di “mistico”. Di fatto nei suoi scritti più recenti Bion utilizzò concetti meno “scientifici” e più “insaturi”, indicanti un suo spostamento in senso platonico-matteblanchiano. Egli entrò così in un mondo fenomenico che non nasconde la derivazione dalla cultura indiana, nella quale Bion era nato e vissuto nella sua piccola infanzia. Qui si ritrova la mistica nel suo vero senso: la proposizione dell’ O sensoriale e di quello intuizionista, la trasformazione della funzione e della natura degli elementi beta e la definizione di contatto sognante, ma anche terrifico, col pensiero dell’analizzato, sono questi gli aspetti di una vera mistica laica, del tutto analoga a quella del fatto religioso. Il riferimento ad un caso clinico personale e al concetto di “sur-limazione”, antitetico a quello freudiano di “sublimazione” ma anche la collimazione del pensiero di Bion a quello di “simmetria” proposto da Matte Blanco, rinforzano il concetto di “mistica laica” dell’ultima parte del pensiero di W.R.Bion.

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