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Note sul dipinto di Henri Matisse, “La Danza” Hermitage Museum

Anche per questo numero di Funzione Gamma abbiamo scelto un’opera di Henri Matisse: “La Danza”, come l’altra è del 1910, e la troviamo esposta nel museo Hermitage a S. Pietroburgo.

Quest’opera è gemella de “La Musica”ma la scelta di utilizzarla come copertina di questo numero non è stata dettata da una precisa scelta redazionale riguardo le opere di Matisse. I due dipinti sono stati scelti da curatori differenti ed in maniera indipendente. Questa coincidenza ci potrebbe far porre una domanda: se non ci siano punti in comune tra i gruppi trattati nei due numeri: quello di Kibel e Correale sui pazienti gravi e quello dell’Associazione Argo sui gruppi omogenei.

Avvicinandoci a quest’opera bisogna tener conto del fatto che essa è stata concepita come un pannello decorativo, questo per dire che è stata pensata in relazione ad una collocazione precisa, in uno spazio dato, e perciò l’opera è stata progettata in relazione allo spazio stesso. Lo spazio era quello della scala della residenza di Sergey Chtchoukine (Shchukin), nella parete opposta sarebbe stata collocata “La Musica”.

Le opere avevano una cornice ed un’illuminazione specifica, l’effetto doveva essere accresciuto dal riflesso della neve moscovita nei mesi invernali e dovevano essere vista da lontano, il famoso storico dell’arte Federico Zeri a questo proposito così si esprime: “La Dance di Matisse viene concepita proprio per la città innevata di Mosca: tra le lunghe strade bianche, con il violento riflesso della neve, spicca questa visione di colore acceso, quasi febbrile”.

Quest’opera è già accennata in un dipinto precedente del pittore francese “Le bonheur de vivre” del 1906, nel quale è già presente un bozzetto delle cinque figure de “La Danza”. Questo dipinto esposto al Salon des Indépendants, scatenò violente polemiche, l’opera dell’anno successivo di Picasso “Le demoiselle d’Avignon” può essere letto come una stroncatura: spigolosa, aspra, monocromatica, in contrapposizione a quella di Matisse: curvilinea, esuberante, e vivacemente colorata.

La scena, come nel caso de “La Musica”, si svolge su una collina di colore verde, lo sfondo è azzurro scuro. Il gruppo dei “danzatori” è composto da cinque figure scarlatte, che volteggiano come fiamme. Possiamo immaginare che stiano danzando sulle note suonate dal flautista de “La Musica” che, come detto, era collocata sulla parete di fronte. Le cinque figure sono nude, ed il numero di cinque si contrappone al canone classico che nelle composizioni circolari richiederebbe in numero pari di figure.

Queste figure formano un cerchio aperto, in primo piano le due mani non si toccano, e quasi creano una frattura nel movimento, questa è la poetica del non finito, che Matisse riprende da Michelangelo.

La struttura compositiva è risolta dalla figura in primo piano di spalle. Questa allungata in un violento slancio imprime un moto rotatorio alla figura sulla sua destra, che a sua volta lo trasmette ai due visti di fronte. Chiude questo vortice la figura a sinistra che appare come trascinata dalle altre, con una torsione cerca di raggiungere la figura che gli si protende con la mano tesa. La figura, sulla destra di quella in torsione, sembra impegnarsi in un inchino, in realtà come abbiamo già visto, il suo movimento è dato dalla “strattonata” della figura a destra.

Ogni movimento che avviene in una parte del gruppo, si ripercuote sul resto, questo ci sembra un’esemplificazione di una pregnanza unica del “group as Whole”.

Bibliografia

IZERGHINA, A. (1978). Henri Matisse, Peinture et sculptures dans les Musées Soviétiques, Éditions D’Art Aurora, Léningrad.

GUILLAUD, M. e GUILLAUD, J. (1989). Matisse. In Art dossier, 33.

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Breve studio iconologico del dipinto di copertina. “Allegoria del tempo e dell’amore”

Abbiamo scelto per l’immagine di copertina questo dipinto eseguito da Angelo Bronzino attorno al 1546 per un’insieme di ragioni. La prima è ovviamente quella che quest’opera rappresenta, in maniera molto pregnante, una situazione gruppale con una sua dinamica. La seconda è che questa raffigura un motivo mitico-allegorico, e questo ci sembra rimandi utilmente ai molti riferimenti al mito, contenuti negli articoli di questo numero. La terza è data dal titolo: “allegoria del tempo e dell’amore”, temi anche questi molto trattati dagli category di questo numero, si pensi ad esempio all’articolo di S. Corbella o di M. Pines. La quarta: è che questo tema è stato trattato in molte versioni, molte derivanti da un disegno eseguito da Michelangelo. È interessante addentrarsi sui dettagli di questo dipinto, in quanto questo è pieno di simboli e riferimenti che Continua a leggere

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Cinema, psicologia, psicoanalisi e sofferenza mentale: Rassegna filmografica

Nella rassegna filmografica sono inclusi film che a vario titolo possono essere considerati interessanti da un punto di vista psicologico o della salute mentale. Nella scelta dei film sono stati seguiti diversi criteri: contenuto esplicito del film, taglio e spessore psicologico dei personaggi o dell’atmosfera evocata, possibile utilizzo clinico o didattico e presenza di dinamiche di gruppo. Per quanto riguarda il contenuto ci riferiamo alla presenza di personaggi con disturbi mentali, di un professionista della salute mentale, di una struttura psichiatrica. Va da sé che nell’ultimo caso siano in genere presenti tutti questi elementi, con qualche eccezione, come nel caso The Escaped Lunatic nel quale ad esempio manca il professionista. Nei primi due casi, gli elementi si possono ritrovare insieme, nello studio dell’analista ad esempio, o singolarmente; a volte è presente sola una persona con problematiche psichiatriche o solo un terapeuta tratteggiato nella sua vita privata. In alcuni casi, molto frequenti in realtà, la persona con problemi mentali ed il professionista sono costituiti dalla stessa persona, Continua a leggere

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Cinema, psicologia, psicoanalisi e sofferenza mentale: Bibliografia generale

Nella bibliografia generale sono presenti lavori che rientrano a diverso titolo nel vasto campo di studi dedicato al rapporto tra cinema, psicoanalisi e sofferenza mentale. Tale raccolta non ha la pretesa di essere esaustiva, anche se contiene un numero considerevole dei lavori sul tema, e non si pone assolutamente un carattere criterio-valutativo. I lavori sono elencati in ordine alfabetico avendo voluto evitare ogni classificazione tematica lasciata alla curiosità del lettore. Si trovano anche lavori non scritti direttamente da psicoanalisti, ma anche da filosofi, critici, semiologi, letterati; in effetti dopo un iniziale periodo nel quale di questo argomento si sono occupati prevalentemente psicoanalisti su riviste specialistiche, dalla fine degli anni sessanta molte discipline si sono occupate di questa tematica e molte riviste, anche di cinema, hanno ospitato questi lavori: si pensi al numero monografico della rivista francese Communications che nel 1975 uscì con il titolo Psychanalyse et Cinéma con articoli di Barthes, Baudry Guattari, Metz e altri. Altri titoli afferiscono al campo della semiologia e della filmologia, le quali utilizzano nelle loro analisi costrutti psicoanalitici: si pensi all’uso delle teorie lacaniane da p Continua a leggere

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“Le systeme du docteur Goudron et du professeur Plume”: Gli albori di un incontro tra cinema, letteratura e sofferenza mentale

Abstract

Il nostro interesse in questo lavoro è scorgere i primi punti di contatto tra cinema, psicologia, psicoanalisi e sofferenza mentale. Abbiamo identificato in un’opera letteraria, il racconto di Edgar Allan Poe The System of Doctor Tarr and Professor Fether (1845), un interessante punto di partenza per questa convergenza, della quale uno snodo fondamentale, a nostro avviso, è l’adattamento cinematografico di Maurice Tourneur che dà il titolo a questo articolo. La rilevanza di questi primi film è dato dall’aver già Continua a leggere

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Psicoanalisi, gruppo e cinema. Note su di un’esperienza formativa di gruppo e cinema

Abstract

In questo lavoro gli category rintracciano due importanti funzioni del cinema dal punto di vista psicoanalitico: la prima è quella di un “film-sonda” che esplora la mente, la seconda di un “film-sogno” che pone il pubblico in uno stato “oniroide” consentendo allo spettatore di avvicinarsi ad un livello regressivo simile all’esperienza onirica. Avanzeranno l’ipotesi del film come una produzione e fruizione gruppale, accennando a diverse teorie di gruppo tra le quali la socialità sincretica (Bleger) come forma di legame silente tra gli spettatori. L’ultima parte del lavoro sarà dedicata alla descrizione di un dispositivo gruppale che gli category hanno utili Continua a leggere