Recensione “La situazione psicoanalitica come campo bipersonale” di Willy e Madeleine Baranger

I Baranger negli scritti attraversano il “campo” delle teorie psicoanalitiche in un dialogo continuo tra presente e passato che permette di volgere uno sguardo al futuro.

Un passato che ha origine nella teorizzazione di Freud, passa per la Klein fino al convegno su Bion a Boston nel 2009, menzionato da A. Ferro, in cui il concetto di campo assume caratteristiche di gruppalità.

Un concetto quello di campo che assume le caratteristiche di “nulla di nuovo” ma che volgendosi al passato suscita un terremoto, così come lo definisce Ferro nella teorizzazione psicanalitica.

Così come il lavoro analitico guarda al qui ed ora e al passato, in una dialettica tra temporalità chiusa e ripetitiva della nevrosi e temporalità aperta dell’insight, allo stesso modo le teorie psicanalitiche dovrebbero guardare indietro ed avanti contemporaneamente, riformulando concetti chiari e definiti permettendo così ulteriori sviluppi. Continua a leggere

Le ali di Icaro. Capire e prevenire gli incidenti dei giovani

Carbone P. (2009) Torino, Bollati Boringhieri

Nel piacere di leggere il nuovo libro di Paola Carbone, scopriamo sin dalleprime pagine come l’autrice, in modo esperto e appassionato, si pongal’obiettivo di segnalare le ragioni per cui lo psicoterapeuta diadolescenti, il clinico, gli adulti di riferimento quali educatori edinsegnanti (senza dimenticare l’utilità ed il valore del testo pergenitori e studenti), non possano trascurare di mantenere vivol’interesse e l’approfondimento scientifico riguardo al senso edalla comprensione degli incidenti che riguardano i giovani: L’attenzionee la ricerca dell’autrice è infatti costantemente rivolta a valutare eipotizzare percorsi di prevenzione per poter intervenire attivamente, conefficacia, di fronte all’incidente come “segnale”.

Un segnale del rischio come “discrimen”, il pericolo cheabbraccia il significato del momento decisivo, della prova in quanto punto diseparazione in cui, più o meno massivamente, può essere immerso il mondointerno dell’adolescente. Un adolescente-Icaro che via via ci vienepresentato più vicino alla tristezza ed alla malinconia piuttosto che allatrasgressione; in tal senso leggiamo che “la maggior parte degliincidenti avviene sullo sfondo di quell’umore che gli autori francesidefiniscono dépressivité” (pag. 171). Continua a leggere

“Senza legami, Libertà o necessità?”

a cura di Pasquale Romeo, (Armando Editore)

La parola “legame”, in psicoanalisi, si riferisce alle emozioni fondamentali intrinseche alla relazione tra due oggetti, siano questi animati (due persone, due parti di una persona) o inanimati (l’idea che il bambino ha del seno e il seno reale quale esperienza primaria, la parola e il significato), ognuno dei quali è in grado di agire e svolgere la propria funzione sull’altro. Nella concezione bioniana, per esempio, è proprio la funzione dei singoli oggetti a consentire il crearsi del legame e questo è alla base della formazione del pensiero, prima ancora che della strutturazione delle personalità individuali.

Pasquale Romeo ri-propone e ri-attualizza l’importanza che questo importante elemento assume nell’evoluzione psichica individuale, anche in età adulta, esplorandone e illustrandone sia le vitali valenze di confronto e crescita sia le funzioni potenzialmente patologiche, le quali ultime possono derivare dall’impossibilità a vivere il legame, per esempio, o, ancora, dal suo eccessivo bisogno (dipendenza). Continua a leggere

Adolescenza e violenza

Il Pensiero Scientifico Editore, Roma. Nicolò A.M. (a cura di) (2009)

Invito con piacere alla lettura del volume curato da A. Nicolò, Adolescenza e violenza, che si offre quale prezioso contenitore di validi contributi su un tema complesso e di scottante attualità.

Dalla lettura, sorge spontaneo un primo ringraziamento nei confronti della curatrice. Accostare due dimensioni come l’adolescenza e la violenza, che già di per sé sono complesse, pluri-sfaccettate e foriere di molte domande, tuttora aperte, non deve essere stato facile. Soprattutto, risulta degno di apprezzamento lo sforzo (con il relativo risultato, più che soddisfacente) di illustrare, a più voci e porgendo al lettore una ricca gamma di situazioni, quello che può essere il contributo specifico della psicoanalisi in questo ambito e anche fin dove, almeno per il momento, tale contributo può risultare efficace. Con la medesima onestà intellettuale, nel volume è indicato dove la psicoanalisi si possa utilmente connettere con altre discipline, nell’affrontare appunto situazioni complesse e multidimensionali, pur mantenendo il suo preciso vertice di analisi. Continua a leggere

Percorsi della filiazione

Franco Angeli, Milano. Zurlo M.C. (a cura di) (2009)

Il dibattito psicoanalitico è oggi sollecitato ad attivare pensieri e proposte su temi emergenti, rispetto ai quali è anche invitato necessariamente a collegarsi e dialogare con altre discipline e modelli di intervento sanitario. Il volume che ho il piacere di presentare qui, Percorsi della filiazione, rappresenta, in questa prospettiva, un contributo interessante e di valore.

Il tema della filiazione e dei suoi possibili e diversi percorsi è di grande attualità: i progressi medici da una parte e le evoluzioni dei modelli culturali e dei ruoli familiari dall’altra hanno aperto prospettive nuove e, nello stesso tempo, aggiunto complessità psicologiche da gestire a livello individuale, familiare e sociale. Tali complessità ci chiamano in causa come persone e come specialisti. Continua a leggere

Le ali di Icaro. Capire e prevenire gli incidenti dei giovani

Bollati Boringhieri, Torino. Carbone P. (2009)

In concomitanza e in stretto collegamento tematico con l’uscita dell’edizione 23 della presente rivista, consiglio vivamente la letturadel volume Le ali di Icaro. Capire e prevenire gli incidenti dei giovani, nellasua seconda edizione, arricchita in maniera tale da risultare in più partiqualitativamente diversa rispetto alla prima, come ben documentato nellapresentazione di Nino Dazzi.

Utilizzando in diversi capitoli una feconda e articolata lettura del mitodel giovane Icaro, l’autrice trae così lo spunto per affrontare inmaniera scientifica lo spinoso e toccante tema dell’incidente in etàadolescenziale. Il vertice da cui la studiosa osserva e spiega il fenomeno èquello propriamente psicoanalitico, pur avvalendosi di osservazioni e datiprovenienti da ambiti pluridisciplinari, come d’altra parte lacomplessità del tema richiede.

Lo sforzo intellettuale e l’impegno scientifico dell’autrice sidispiegano su più livelli di analisi, che attraversano il volume, in sensocronologico e non solo, perché in più parti alcune problematiche affrontateall’inizio sono poi riprese e arricchite in un circuito virtuoso allaluce di ulteriori riflessioni e apporti, di natura teorica e clinica. Tuttoquesto avviene in maniera tale che il lettore sia sempre accompagnato in unpercorso caratterizzato da interrogativi critici e relative riflessioni, con unlinguaggio e un ritmo di esposizione molto ben calibrati. Il primo risultainfatti sempre chiaro e accessibile, senza per questo che i contenuti risultinobanalizzati, il secondo consente a chi legge di mantenere un proprio spazio dipensiero parallelo sugli argomenti via via trattati, senza subire un incalzaredegli stessi. Il volume credo si presti anche per questo motivo molto bene nonsolo come strumento di conoscenza teorico-clinica ma anche come occasione diriflessione personale rispetto a un tema verso il quale è difficile, e forsenemmeno utile, mantenere l’assetto di semplice lettore-osservatore. Daquesto punto di vista, è davvero un importante ausilio alla riflessione lalettura del mito che viene proposta nelle sue varie parti e sfaccettature:l’Icaro prima di andare a Creta (un ragazzo che aveva già creato deiproblemi alla madre col suo comportamento, il ruolo di Dedalo, l’immaginedi Icaro a cui il volume peraltro si ispira, quella «imprevedibile erivelatrice […] di una statua romana della collezione capitolina, cherappresenta Icaro come un adolescente bellissimo, pensoso e infinitamentetriste». Tornerò poco più avanti su quest’ultimo aspetto che rappresentauna delle ipotesi teorico-cliniche del lavoro, confermata dalla ricerca sulcampo.

Un primo elemento su cui viene condotta l’attenzione del lettore èl’analisi della serie di idee malintese e di pregiudizi che aleggianointorno al concetto di rischio e, a cascata, intorno a quello di comportamentoa rischio e di incidente nell’immaginario collettivo, quindi sia da partedegli adolescenti, sia degli adulti (genitori, insegnanti, medici, operatori diaiuto vari). Il volume inizia infatti col voler dipanare qualche cosa diambiguo e confusivo che riguarda la nozione di rischio, nella quale a partiredalla neutralità dell’originario significato in ambitomatematico-probabilistico, si sono sommate sfumature diverse, fra cui quellamorale della colpa, in riferimento all’intenzionalità del comportamento arischio, e quella sociale del pericolo, che risente necessariamente delcontesto culturale di riferimento. Nello studio e nella comprensionedell’incidente giovanile o – per meglio dire – del giovaneincidentato, la studiosa si impegna in primo luogo a fare chiarezzaterminologica nella condivisibile convinzione che «le parole non sono neutreconvenzioni, ma indicatori della direzione delle nostre azioni e quindidell’atteggiamento della nostra società nei confronti dei giovani e deipericoli a cui sono esposti», suggerendo, tra le varie ipotesi, di doverdistinguere fra: rischio inteso come calcolo probabilistico di un evento attesoe percezione soggettiva del rischio, sottolineando come sia quest’ultimala discriminante alla base del comportamento; un agire adolescenziale persperimentare e un agire con connotati di fuga dalla consapevolezza (a parità di“comportamento a rischio” manifesto); l’incidente estremo, acui la cronaca mediatica dedica grande attenzione, e l’incidente“di poco conto”, evidenziando come quest’ultima tipologia(sia esso stradale, sportivo, domestico ecc.) meriti altrettanta attenzionespecialistica, dato che esiste una «maggioranza di giovani che rischiasilenziosamente».

Un secondo elemento – che collocherei certamente tra le idee portantie innovative che il volume espone – riguarda la prevenzione, ossia unadisamina di come ad oggi si applica prevalentemente la prevenzione primaria esecondaria e con quale idea sottesa riguardo a tali interventi. La critica cheviene posta dall’autrice è che gli interventi sono basatifondamentalmente sul fornire informazioni relativamente ai comportamenticosiddetti a rischio e alle possibili conseguenze sul giovane e sulla sua sferadi relazioni. Tutto questo è ritenuto non sufficiente e nemmeno particolarmenteefficace. Il motivo addotto non è tanto e non solo quello, per certi versiscontato, che forse può ipotizzare il lettore, e cioè che essendo la gamma diincidenti infinita, si pone comunque il problema di come fornireun’informazione che sia esaustiva per tutta la gamma e nello stesso tempoche raggiunga in maniera “personalizzata” il giovane cheascolta.

Il motivo addotto e molto ben giustificato è di ordine più profondo,metodologico, ed è condensato – a mio avviso – nel sottotitolo“Capire e prevenire gli incidenti dei giovani”.

I primi termini sono “capire e prevenire”, ossia l’ideaespressa è che la prevenzione debba passare per la comprensione. Percomprendere da un punto di vista psicodinamico, occorre incontrare chi havissuto l’esperienza dell’incidente, parlare con lui/lei di quellospecifico incidente, verificatosi in quella circostanza della sua vita,possibilmente nella minor distanza temporale possibile dall’accaduto(prima che le difese entrino troppo in campo).

La seconda parte del sottotitolo ha anch’essa il suo significato.L’interesse della comprensione è sugli incidenti (plurale) dei giovani,non sull’incidente stradale/sportivo/domestico/da comportamento sessualenon protetto, come se si potesse studiare un prototipo di comportamento perognuno di questi casi e stabilire delle linee preventive generali (che inveceabbondano nelle prevenzioni ad alto contenuto informativo sui singolicomportamenti a rischio). Nella prospettiva proposta dal volumel’interesse è rivolto a ogni incidente di quella persona, che è giovane esta tentando di attraversare la sua adolescenza, per come ognuno di essi si èpresentato e quasi sempre susseguito l’uno all’altro.

La prevenzione adottata dal gruppo di lavoro coordinato dalla studiosa si èrealizzata infatti secondo un modello di ricerca coerente con questepremesse.

Una prima ricerca pilota ha voluto dare voce ai giovani sul tema, hautilizzato il focus group, quale spazio relazionale privilegiato in cui essipotessero confrontarsi tra loro (quindi col proprio referente preferito perl’età: il gruppo dei pari), accompagnati da un ascolto attento e insiemediscreto del conduttore adulto. Con le parole della studiosa: «Con questametodologia non ci proponevamo di fornire indicazioni o modelli dicomportamento; la speranza era piuttosto che il nostro sforzo di capireattivasse anche nei ragazzi una migliore capacità di porsi delle domande e diinterrogarsi sul senso delle loro azioni […] In questa prospettiva non hatanta importanza l’argomento (si tratti di droga, incidenti o altro) sucui è focalizzato l’intervento; il vero focus della prevenzione è lapersona dell’adolescente e la difficoltà fase-specifica di appropriarsidella sua vita e di riconoscersi come soggetto delle sue azioni».

In linea con molte ricerche nazionali e internazionali, un dato, tra glialtri, importante, emerso dalla ricerca è che la maggior parte degli incidentigiovanili avviene sullo sfondo di un umore triste, simil depressivo (comequello che trapela dalla scultura romana di Icaro); i ragazzi, a proposito deipropri incidenti, hanno parlato pochissimo nel focus group di «piacere»,piuttosto di «vuoto, paura, pericolo, solitudine e follia».

Questa indagine è stata propedeutica a una ricerca-intervento, riferita neldettaglio nel libro, che ha realizzato l’attivazione di uno SportelloGiovani, dove fosse possibile ricevere un ascolto specialistico da parte deiragazzi incidentati che si fossero rivolti al Pronto Soccorso di un ospedaleromano. In questo modo, proprio nei locali del Pronto Soccorso, si è offerta lapossibilità al giovane di riflettere “a caldo”sull’incidente, rivisitandolo, potendolo collegare al proprio momentoesistenziale, trasformando quindi – si potrebbe dire – un“banale incidente” in un episodio dotato di senso e cosìcollocabile nel bagaglio della propria esperienza di vita. Questa formula diintervento che la studiosa definisce “prevenzione attiva”,caratterizzata dal fatto che vede il giovane coinvolto come protagonista, puòlasciare un segno e una trasformazione.

Infine, come viene giustamente sottolineato nel volume, un modello di questogenere non può prescindere dall’integrazione di competenze complementari(nello specifico fra quelle del medico del Pronto Soccorso e quelle dellopsicologo). Si può allora considerare la presenza nel volume della interessante appendice di G.F. Brunelli, “L’altro lato della strada: dalla parte del corpo”, in cui dalla prospettiva del Modello di FisiopatologiaBio-Transazionale, l’autore si propone di «affrontare il senso di queste ferite [causate dall’incidente sul corpo] e delle loro memorie», un primo passo verso un fecondo dialogo operativo fra discipline complementari.

EscherIstituzioni

Fare gruppo nelle istituzioni

Fare Gruppo Nelle Istituzioni, Lavoro e psicoterapia di gruppo nelle istituzioni psichiatriche, a cura di Claudio Neri, Roberta Patalano e Pietro Salemme, edito da FrancoAngeli, è un libro di felice concezione, riuscito nel suo intento dichiarato di essere uno strumento pratico e veloce, […] una specie di manuale di falegnameria per chi voglia costruire progetti e mandare avanti attività di gruppo nell’ambito dell’intervento sul disagio mentale.
E se è vero che riuscire a scrivere un volume che sia utile nella prassi quotidiana è operazione tutt’altro che semplice, è pur vero che Fare Gruppo Nelle Istituzioni è uno di quei libri che offre più di quel che promette e che apre spazi di riflessione e pensiero intorno al “fare”. Continua a leggere

MusicaGruppo

L’adolescent et sa musique. D’une violence l’autre, a cura di Vincent Cornalba

Éditions in press, Paris, 2019. Prossima pubblicazione dell’edizione italiana, L’adolescente e la sua musica. Da una violenza, l’altra. Borla. Roma 2021

Recensione di Chloé Bachère

L’adolescent et sa musique. D’une violence l’autre, è un libro ben lontano dal non indirizzarsi che ai melomani, o ai professionisti che nella loro attività clinica abbiano a che fare direttamente con la questione della musica in adolescenza. E’ un’opera collettiva, che offre per la diversità delle riflessioni e proposte contenute, uno sguardo sull’investimento che un adolescente può fare su un genere di musica. L’opera difende l’idea che l’incontro con un supporto culturale particolare possa prender parte, per l’adolescente in un periodo di intensi rimaneggiamenti psichici, alla sua soggettivazione, e assicurargli l’assoggettamento necessario alla sua integrazione sociale.

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Narrazione e rappresentazione nella psicodinamica di gruppo. Teorie e tecniche

Franco Angeli, Milano. Margherita G.V. (2009)

Ho il piacere di invitare alla lettura del libro Narrazione e rappresentazione nella psicodinamica di gruppo, da questo spazio specializzato all’interno della rivista Funzione Gamma Journal.

Una prima considerazione sul volume, introduttiva, riguarda la scelta metodologica di fondo adottata dall’autrice, scelta del tutto apprezzabile e condivisibile, quella di studiare e guardare al gruppo psicodinamico tenendo conto della sua peculiarità, utilizzando quindi prospettive di indagine prima e strumenti di intervento tecnico poi che siano specifici.

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Fare Psicoanalisi con Genitori e Bambini

Borla, Roma. Vallino D. (2009)

Sono lieta di presentare al futuro lettore il libro Fare psicoanalisi con Genitori e Bambini, un vero e proprio “manuale-percorso” del trattamento psicoanalitico rivolto all’età precoce e all’infanzia. E basterebbe questa sola caratteristica a renderlo prezioso.

Si tratta appunto di un manuale, nel senso migliore del termine, perché racchiude e presenta in forma fruibile e completa il risultato di 25 anni di lavoro dell’autrice con persone di queste età e con i loro genitori. Per risultato intendo la messa a punto di un modello di lavoro psichico, descritto accuratamente: nei suoi presupposti teorici (seguiti e applicati rigorosamente, non rigidamente) di stampo psicoanalitico; nel suo percorso evolutivo frutto dell’esperienza clinica; nella sua forma attuale. Il modello è quello della “Consultazione partecipata” con genitori e bambini, che stanno insieme, nella stanza di analisi, con l’analista. Come cercherò di descrivere meglio in seguito, si potrebbe dire anche, forse meglio, la “Consultazione partecipata” da genitori e bambini e dall’analista nella stanza di analisi.

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Cesare Albasi. Psicopatologia e ragionamento clinico

Un interrogativo costantemente presente nella ricerca clinica è come trovare una risposta alle caratteristiche poliedriche e sfuggenti del mondo psichico, cercando di coniugare la molteplicità e fuggevolezza della mente con la necessità scientifica di fondare empiricamente la pratica clinica. L’esigenza di strumenti per pensare alla psicopatologia in un senso più ampio di quello riduzionistico legato alla tradizione categoriale e descrittiva, e utile al lavoro clinico, è il punto centrale della riflessione e della ricerca presentata in questo volume.

Cesare Albasi, membro della Associazione Studi Psicoanalitici (ASP) e della Società Italiana di Psicoanalisi della Relazione (SIPRe), è ricercatore e docente in Psicologia clinica presso l’Università di Torino, oltre ad essere uno stimato clinico (psicoterapeuta, analista relazionale, supervisore).Negli ultimi anni abbiamo potuto leggere (cfr. per esempio Attaccamentitraumatici. I Modelli Operativi Interni Dissociati, Torino 2006) le sueriflessioni sulla propria esperienza clinica negli scritti dedicati al trauma,alla dissociazione e alla psicoterapia psicoanalitica, che appaionoulteriormente valorizzati nel contesto del volume qui presentato dedicato alcominciamento del lavoro clinico sul caso, la valutazione della psicopatologia;e che (con il referaggio di Franco del Corno e Vittorio Lingiardi, curatori delPDM-Manuale Diagnostico Psicodinamico,oltre che del volume qui recensito cheesce nella loro collana di Continua a leggere

Figure del dialogo. Figure del fraintendimento

‘Figure del dialogo’ si intitola il bel libro di Alfredo Lombardozzi dedicato ai possibili spazi di incontro e di confronto tra antropologia e psicoanalisi, terreno sul quale l’autore è impegnato da anni sia su un piano teorico che su un piano di possibile ‘applicazione’ e contaminazione pratica, possedendo tra l’altro una doppia competenza sia psicoanalitica che antropologica.

La storia dei rapporti tra antropologia e psicoanalisi è infatti costellata da grandi e reciproche curiosità e ‘fascinazioni’, e da altrettanto grandi incomprensioni e fraintendimenti: basti pensare alla suggestiva immagine di Marc Augè che le vede perennemente impegnate a ‘ scambiarsi i bigliettini da visita senza riuscire ad unire i loro destini’ e alle parole dell’antropologa Giordana Charuty che sottolinea i continui ‘appuntamenti mancati’ tra le due discipline. Un dialogo dunque che si intuisce potenzialmente fecondo e ritenuto da alcuni autori addirittura indispensabile soprattutto nell’era della cosiddetta globalizzazione, mache, nondimeno, appare irto di difficoltà e continuamente esposto al rischiodel fraintendimento.

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Forme del delirio e psicopatologia di Mario Rossimonti

Mario Rossi Monti ci presenta con questo testo una importante testimonianza legata alla più enigmatica ed emblematica forma della sofferenza della mente, che nel delirio raggiunge gli stati limite esperibili da un soggetto.

A partire dal titolo, il testo stimola a immaginare il delirio nelle sue forme possibili, aprendo verso la galassia di dimensioni espressive che esso può assumere a partire da una spinta interna capace di deformare e imprimere una forma nuova rispetto al pensiero antecedente alla comparsa del delirio stesso.

L’ introduzione dell’Autore coinvolge inconsapevolmente il lettore ainterrogarsi sulla propria posizione rispetto alle relazioni fra il propriopensiero scientifico e i legami con la comunità scientifica che lo condivide.Egli riflette sui legami fra epistemofilia e condivisione dei progetti concolleghi e amici, arrivando a presentare il testo come proprio, ma anche comeemergente dal proprio gruppo di lavoro scientifico\ emotivo di cui è parte. Sevent’ anni fa egli pubblicò l’ ultimo testo scritto da solo, intitolato“La conoscenza totale. Paranoia, scienza, pseudoscienza”, dedicatoai rapporti fra sistemi deliranti e sistemi scientifici, col presente testoegli torna, a raccogliere i pensieri propri e le idee che da questi pensieri sisono sprigionate nel tempo.

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Contributi della psicoanalisi allo studio del gruppo

Collana Individuo e Gruppo diretta da S.Marinelli

Introduzione

Giulio Cesare Zavattini

Nel lontano 1935 Balint (Balint, 1935) chiedeva che fosse prestata più attenzione allo sviluppo delle relazioni oggettuali, nel senso che tutti i termini e i concetti psicoanalitici, a eccezione di “oggetto” e di“relazioni oggettuali” si riferirebbero all’individuo da solo,segnalando i limiti di una tradizione di lettura della personalità centrata su ciò che si chiama one-body-psychology , ossia la focalizzazione sulle caratteristiche della mente individuale vista come a sé stante rispetto non solo al contesto, ma anche al tessuto di relazioni che circonda una persona.

Sono note le trasformazioni di questa modellistica nel movimento psicoanalitico che a partire dalle teorie delle relazioni oggettuali ha rivisto ampiamente il paradigma freudiano sino ad arrivare alle recenti posizioni intersoggettivistiche (Mitchell, 2000) in cui viene ripreso il quesito relativo al rapporto tra la configurazione del mondo interno e quella che potremmo chiamare la natura e sviluppo delle relazioni interpersonali (Beebe, Lachman,2002).

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Studi ed esperienze a partire da Bion

A cura di Stefania Marinelli, di AA.VV

Second thoughts. Il titolo di uno dei primi folgoranti libri di Bion, quello, per intenderci, che contiene l’articolo che fece scandalo al Panel dell’IPAC di Edimburgo del 1961. Come racconta Paulo Cesar Sandler, descrivendo l’episodio (ma lasciando nell’ombra nome e cognome del chairman), riportando le fatidiche parole (con un margine di dubbio se siano state realmentepronunciate): ”questa non è più psicoanalisi” e il gesto infuriato e di disprezzo – gettare via con violenza i fogli da sé, facendoli sparpagliare sul tavolo e per terra – di chi non capisce e non tollera di non capire. La virtù laica di sopportare l’oscurità, Bion non aveva ancora cominciato a teorizzarla e doveva passare qualche anno prima che egli si ispirasse al rapporto del mistico col gruppo per spiegare il tipo di rapporto tra una nuova idea e l’ambiente culturale più o meno istituzionalizzato che l’accoglie: unsussulto di fascinazione ed orrore e, a seguire, un improvviso movimento diricompattamento, chiusura e rifiuto. “Questa non è più psicoanalisi”. Sappiamo quante volte sia stato espresso lo stesso concetto e rispetto a quanti ambiti: il sublime Schumann lo disse della musica di Continua a leggere

La relazione di coppia: strumenti di valutazione di Alessandra Santona, Giulio Cesare Zavattini

La teoria dell’attaccamento ha influenzato profondamente la ricerca e la visione classica della psicopatologia dello sviluppo dando maggiormente attenzione alle funzioni interpersonali rispetto allo studio della mente individuale estendendo, via via, la sua area ‘indagine oltre i confini dello studio dell’infanzia e delle prime relazioni con i genitori. L’attaccamento come portato motivazionale gioca, infatti, un ruolo vitale – “dalla culla alla tomba” – delineandosi come un modello dello sviluppo che copre tutto l’arco vitale. In secondo luogo la teoria dell’attaccamento ha enfatizzato sempre più, rispetto all’iniziale accentuazione del sistema comportamentale d’attaccamento, il valore della dimensione “rappresentazionale” ed il ruolo dell’interiorizzazione dei contenuti affettivi e del sistema di significati costruito nell’esperienza con le figure di accudimento. All’interno della teoria dell’attaccamento vi è stata, infatti, una rilevante evoluzione alla fine degli anni settanta che ha sottolineato maggiormente il tema del “sentirsi sicuri” piuttosto che quello della vicinanza fisica, permettendo di riconcettualizzare la teoria in termini di regolazione affettiva, ovvero nel modo di rapportarsi alle emozioni negative. Questa trasformazione ha contributo a disancorare la teoria dell’attaccamento da una prospettiva che ha fatto eccessivamente della prima infanzia il baricentro essenziale di tutto lo sviluppo affettivo, rivalutando il ruolo delle altre tappe nel life-span e il ruolo delle altre figure – multiple-caregivers -, del padre in primo luogo ed infine delle relazioni sentimentali di coppia

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Rivista “Psychoterapies”nel vol XXVII-n.1 dell’anno 2007

La Rivista “Psychoterapies”nel vol XXVII-n.1 dell’anno 2007 presenta cinque interessanti articoli che si snodano lungo un filo conduttore che li definisce e li contiene.: la necessità di integrare costantemente alla teoria la pratica clinica, al fine di non ridurre la discussione al narcisismo delle piccole differenze, ma di aprirla ad un vero dialogo fra le diverse letture teoriche.

Nell’editoriale da cui parte questo filo conduttore,il Dott. Luc Michel sottolinea la necessità che vi sia uno scambio continuo tra teoriapsicoanalitica e pratica clinica come processo che avviene ancheall’interno dell’apparato psichico dell’analista La modernavisione della cura,alla luce del concetto di campo analitico,non vede solo comeluogo di investimento e di trasformazione la psiche del paziente,ma coglie leinterazioni complesse tra paziente ed analista e le modificazioni dellopsichismo di quest’ultimo Così soltanto il corpo teorico può essereautenticamente d’aiuto nell’incontro analitico e le teorie nutritedall’esperienza clinica, possono offrire la possibilità di pensare ilrimosso e il non pensato Se questo continuo processo tra una teoria imperfettache tenta di afferrare il materiale clinico Continua a leggere

Diario dal manicomio. Ricordi e pensieri

Di Giorgio Antonucci, Edizioni Spirali, Pordenone. 2006

Gli anni Settanta, epoca di grande trasformazione per le Istituzioni Manicomiali, sono quelli in cui Giorgio Antonucci, intraprende la sua attività di medico di reparto presso l’Istituto Psichiatrico Osservanza di Imola. Sulla scia dell’esperienza basagliana, l’autore, con grande passione e sincero entusiasmo, opera incisivi cambiamenti all’interno dei reparti a lui affidati. Lungi dal descrivere in modo asettico e distaccato quegli anni di lavoro nelle trincee psichiatriche, l’autore condanna non solo i metodi di trattamento ma, e forse soprattutto, l’indifferenza dei colleghi e l’assuefazione del personale infermieristico rispetto all’utilizzo abituale di misure contenitive, come le camicie di forza, nonché all’emarginazione dei pazienti ridotti a involucri umani senza dignità. Antonucci osserva i ricoverati perdere ogni contatto con il mondo circostante e cerca soluzioni per scardinare l’insistente ricorso alle tecniche Continua a leggere

PolifoniaCorpo

Flussi vitali tra Sé e Non-Sé. L’interpsichico

di S. Bolognini. Raffaello Cortina, Milano, 2019

 Recensione di Adelina Detcheva 

Partirei dalla pratica clinica. In Flussi vitali tra Sé e Non-Sé, Bolognini inserisce un particolare capitolo dedicato agli strumenti di un clinico; si tratta di strumenti tecnici minimi, “largamente utilizzati da molti psicoanalisti in modo naturale e pressoché istintivo nella loro pratica clinica quotidiana” (p. 77), solitamente non degni di attenzione sufficiente, “ingiustamente poco menzionati nella letteratura analitica” (idem). Dunque, il dialogo clinico naturale fa uso di: “…cioè?”, “…tipo?”, “…in che senso?”; di un “si” universalizzante (invece dell’uso del pronome personale); di “mmmh…”; di un “sei stato capace di…” rivolto al

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PolifoniaCorpo

La vita psichica delle équipes, di Denis Mellier. Borla, Roma

La vie psychique des équipes. Dunod, Paris 2019.

Edizione italiana a cura di Stefania Marinelli

Recensione di Stefania Marinelli

Quando ebbi in mano per la prima volta il libro francese di Denis Mellier intitolato La vie psychique des équipes confusi per un momento la parola vie, vita, con voie, via. Mi sembrò per un momento che avrei curato l’edizione italiana di La via psichica delle équipes. Lo ricordo qui per rivivere l’emozione che si presentò poco dopo la scoperta: non era la via. Era la vita delle équipes! E dunque mi misi al lavoro con rispetto e curiosità maggiori. Il titolo era insolitamente non accademico, diretto e vivo e mi incuriosiva. In effetti nel seguito il testo mi ha accompagnata con molti valori inattesi. L’équipe è descritta da prospettive molteplici, teoriche e cliniche che racchiudono la complessità della dimensione di lavoro insieme individuale e gruppale, soggettiva e intersoggettiva, all’interno del contenitore istituzionale. La costruzione della capacità contenitiva dell’équipe attraverso il lavoro dell’Apparato Psichico d’Équipe Continua a leggere

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Vitalità e gioco in psicoanalisi

di G. Civitarese e A. Ferro. Raffaello Cortina: Milano, 2020.

Recensione di Adelina Detcheva

Secondo Freud (1929), «la sofferenza ci minaccia da tre parti: dal nostro corpo che, destinato a deperire e a disfarsi, non può eludere quei segnali di allarme che sono il dolore e l’angoscia; dal mondo esterno, che contro di noi può infierire con forze distruttive inesorabili e di potenza immane; infine dalle nostre relazioni con altri uomini. La sofferenza che trae origine dall’ultima fonte viene da noi avvertita come più dolorosa di ogni altra» (p. 568). L’evitamento del dolore diventa prioritario rispetto al procurarsi il piacere di vivere. Tanto è stato detto e scritto in psicoanalisi sullo statuto del dolore mentale. Molti possono sperimentarlo, ma non riuscire ad esperirlo, sostiene Continua a leggere

Fiaba, sogno e intersoggettività. Lo Psicodramma analitico con bambini e adolescenti. Angela Sordano (socio ARGO)

Nella letteratura che si occupa di psicoterapia di gruppo in età evolutiva solo recentemente si assiste ad un incremento di contributi scientifici che cercano di affrontare il complesso rapporto tra teoria, tecnica e pratica clinica.

Come sostengono Fonagy e Targhet (2003) “ il problema più cospicuodella costruzione teorica psicodinamica consiste nel suo rapporto con lapratica clinica” . Per poter affrontare lo spinoso problemadell’efficacia terapeutica in primo luogo credo si debbano creare le condizioniper poter permettere la condivisione tra contributi scientifici e questecondizioni sono costituite, tra le altre, da un rigorosa descrizione deiparametri di riferimento teorici e formali. In questo campo il lavoropsicoterapeutico di gruppo in età evolutiva, nonostante abbia ormai una vastadiffusione nelle istituzioni, inizia a muovere i primi passi.

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Formarsi attraverso l’attualità. Percorsi possibili. Borla, Roma, pp. 215. Lampignano A. (2005)

Il dibattito analitico sulla formazione personale riceve dal testo di Alberto Lampignano, Formarsi attraverso l’attualità. Percorsi possibili , un valido e prezioso contributo.

Il volume si compone di un’introduzione e di cinque capitoli.

Nell’introduzione, l’autore spiega come il suo obiettivo sia quello di proporre l’esperienza formativa, « secondo un metodo che attinge al sapere psicoanalitico », utilizzando, a titolo esemplificativo, alcuni propri percorsi personali di elaborazione, scaturiti dalla presa di contatto con accadimenti più o meno eclatanti della nostra cronaca quotidiana. Continua a leggere

Mente e pensiero. Incontri con l’opera di Wilfred R. Bion Liguori Editore, Napoli, 2004. Fiorangela Oneroso – Anna Gorrese

Wilfred R. Bion, elaborando una teoria psicoanalitica estremamente originale sulla nascita del pensiero e sulla sua attività, soprattutto nelle sue forme più precoci, da lui definite, proto-pensieri, ha segnato profondamente l’evoluzione del pensiero psicoanalitico contemporaneo. In particolare modo Bion si è interessato all’analisi del pensiero psicotico e alla conoscenza dei meccanismi che regolano la vita psichica e di come questi procedono nel contenere e nel trasformare, il dolore, il terrore, l’incomunicabile e l’inconoscibile.

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Gruppi omogenei. Teoria e clinica del campo mentale omogeneo. Silvia Corbella – Raffaella Girelli – Stefania Marinelli

Nel campo generale della psicoterapia di gruppo questo volume mette al centro della attenzione il tema (ed il problema) della omogeneità nei gruppi: icosiddetti gruppi omogenei. Il volume si apre con tre interviste, curate daFrancesca N.Vasta, a Howard Kibel, Robert Hinshelwood e Robi Friedman. Tutti etre gli Autori intervistati (che provenono da differenti realtà culturali:Stati Uniti, Inghilterra, Israele) convergono nel sottolineare come ladistinzione tra gruppi omogenei e classici gruppi non-omogenei (cosiddettieterogenei) non sia affatto netta e precisa. Proprio perché la dimensione dellaomogeneità è in qualche misura comunque diffusa all’interno dei gruppi è necessario di volta in volta chiarire quale uso se ne vuole fare, in vista diuna trasformazione in senso terapeutico. Continua a leggere

Gruppi in età evolutiva. UTET, Torino, 2000. MIGLIETTA D. (a cura di)

Il discorso sull’infanzia è stato affrontato da molti autori e da molti punti di vista: storico, antropologico, psicologico o più propriamente psicoanalitico, ma il libro “Gruppi in età evolutiva” propone una dimensione originale e innovativa. Dagli studi a cui ho fatto riferimento si evince la tendenza, nell’analisi del processo storico culturale, al passaggio da un’idea dell’infanzia, come contesto esistenziale non ancora definito, a nuovi approcci che mostrano non solo la specificità del mondo infantile, ma ne evidenziano la complessità. Questo si vede dalla mole di lavori di psicologia dello sviluppo, di psicoanalisi infantile e dalla ricchezza degli studi socio-antropologici sull’argomento. La tendenza, a Continua a leggere

Psicoterapia psicodinamica di gruppo. Rutan J.S., Stone W.N. (1999). Unipress, Padova.

Titolo originale del volume Psychodynamic Group Psychotherapy Second Edition. The Guilford Press.

LA PSICOTERAPIA PSICODINAMICA DI GRUPPO

Quando mi accingo a leggere un libro, specialmente di psicoterapia psicodinamica, mi domando sempre quanto potrà essere utile ed influente sulla mia formazione di psicoterapeuta e anche in questa circostanza, quando ho preso in mano questo volume, mi sono posta questo interrogativo a cui cercherò di dare risposta nel prosieguo dell’ articolo.

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Psichiatria prossima. La psichiatria territoriale in un’epoca di crisi. Giuseppe Riefolo (2001). Nota introduttiva di Paolo Sylos Labini

In questo libro intelligente e coraggioso, Giuseppe Riefolo affronta i problemi quotidiani di chi, lavorando in un Centro di Salute Mentale, si deve confrontare con la sofferenza psichica e con la richiesta di aiuto di una popolazione vasta ed eterogenea, sia per caratteristiche sociali, che per modalità di espressione della sofferenza stessa.

Il libro è articolato in otto capitoli e, nello svolgersi del discorso, propone al lettore di fermarsi a “pensare” su ciò che solitamente si “vive” nelle Istituzioni.

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Stefania Marinelli (2000). Sentire. Borla, Roma. Relazione per il seminario di presentazione del libro di Stefania Marinelli all’Istituto Italiano di Psicoanalisi di Gruppo

La mia presentazione è tratta dal lavoro a suo tempo preparato per Koinos,ma vorrei prima usufruire del “felice” intreccio con il lavoro di GiovannaGoretti, riprendendolo quando evidenzia il Sentire in termini gaddiani, come”cognizione del sentire”, e quando specifica nell’operare del gruppo lanecessaria capacità dell’analista, il suo “universo culturale”, la sua”passione” del conoscere, il suo trasformare e la sua scrittura. Tutto ciò, chedobbiamo a Stefania Marinelli e al suo lavoro, mi riporta alle formulazionigaddiane di Francesco Corrao, alla “cognizione del dolore”: “la Koinodinia(l’esperienza del dolore di gruppo) rende possibile di ricostruire e/oricostruire il senso dell’espressione verbale-linguistica del dolore, e diriapprenderne l’esperienza generativa originaria, caratterizzata Continua a leggere

La Villetta. Una casa racconta

Il romanzo , LA VILLETTA. Una casa racconta, nasce da una perdita, la vendita della casa e della relativa proprietà, e come tale dalla necessità di recuperare e di elaborare ricordi. Il libro viene definito dal Prof. G. Selvaggi curatore della Collana, Le storie della Storia,un “romanzo insolito”. Infatti non presenta le caratteristiche classiche del romanzo, quali intrecci di storie o intrighi tra personaggi. E’ un romanzo che si muove su un piano descrittivo, nel recupero di immagini e di sensazioni visive ed olfattive, e su un piano intimistico nel recupero di emozioni e di ricordi. La filosofia del libro, se così si può dire, è da ricercare nei versi del poeta A. Coeiro, il quale afferma che non é sufficiente non essere ciechi per vedere i campi e i fiori. Così , io penso, si può vedere senza guardare, dire senza parlare, udire senza ascoltare. Questi atti fisici possono rappresentare spesso fatti che non incidono in modo significativo nel nostro mondo interno. A volte scivolano via da noi senza lasciare segni che possono essere utilizzati in senso trasformativo. Continua a leggere