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Presentazione

La presentazione della Professoressa Stefania Marinelli introduce in modo essenziale il contenuto dell’edizione perciò vorrei aggiungere solo qualche pensiero a partire dalla mia esperienza personale legata alla Conferenza dell’Istituto di Analisi di Gruppo Rasztów di Varsavia e all’idea di fare questa pubblicazione per la rivista Funzione Gamma.
Prima di tutto vorrei ringraziare Professoressa Stefania Marinelli per aver accettato il nostro invito alla Conferenza di Varsavia, e per l’invito a partecipare a questa particolare e interessante edizione. La ringrazio da parte mia ma anche da parte degli altri partecipanti della Conferenza: Katarzyna Prot-Klinger, Maciej Zbyszewski e Tomasz Kudelski.

L’Italia è stata per anni per me ed è ancora un grande amore. Vedo in questo paese la bellezza, e amo la sua storia, l’arte, la diversità delle persone, la loro ospitalità e cordialità uniche.

Un vissuto personale

Negli ani 1995-1998 ho studiato la musicoterapia presso l”Istituto di Formazione di Musicoterapia (ISFOM) di Continua a leggere

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Presentazione del numero

In occasione della Conferenza organizzata nella primavera dello scorso anno 2017 dall’ “Istituto di Analisi di Gruppo Rasztòw” di Varsavia: Il desiderio di omogeneità e il conflitto(Pragnienie jednorodnosci a konflikt) presso la Biblioteca dell’Università, furono presentati e discussi alcuni nuclei tematici particolarmente vibranti e di notevole interesse per il lavoro dei gruppi, a partire dalla relazione di Maciej Zbyszewskisulla conduzione di gruppi omogenei con veterani di guerra, nella quale emergevano condizioni legate alla straordinarietà dei vissuti bellici e la difficoltà di trasformare i conflitti. I bisogni dei soggetti, puntualmente individuati, erano collegati a dimensioni cronicizzate di estraniazione dal contatto con la società civile e alla permanenza del ricordo traumatico; all’isolamento e alla perdita di discernimento dei valori comuni, connessa alla specializzazione settoriale delle relazioni belliche difficili da abbandonare.

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L’indifferenza Un autismo quotidiano

Abstract

In questo articolo l’autore riflette sul fatto curioso che l’essere umano dall’infanzia si relaziona agli altri, a partire dalla madre, fin dalle prime settimane di vita, ma dopo sembra capace di interrompere quell’impegno con gli altri nel corso della vita e trattarli con indifferenza, e con insensibile disprezzo.

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Dialettica del trauma di guerra

 

 

Abstract

Sono analizzati i versanti clinici e teorici dei fattori del setting di gruppo omogeneo mediante l’esemplificazione tanto suggestiva quanto puntuale del lavoro clinico di gruppo con i veterani di guerra. E’ esplorata in particolare la specificità dei contenuti psichici sviluppati dai veterani in relazione ai traumi vissuti, come il radicamento nelle idee di eccezionalità e straordinarietà che inevitabilmente fanno parte dell’esperienza (bellica) attraversata. Con riferimento al diverso significato dinamico dei due setting di gruppo, misto oppure omogeneo, è investigato in dettaglio come la dichiarazione di similarità e la messa in comune fra esperienze identiche possa agire nel processo di gruppo. Sono descritti in tal senso i conflitti e i bisogni dei soggetti che vivono cronicamente dimensioni di estraniazione dal contatto

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Insieme o separati? I gruppi omogenei o eterogenei nel contesto del controtransfert – Commento alla relazione “Dialettica del trauma di guerra” di Maciej Zbyszewski

Abstract

L’autrice descrive i fattori utili, specie nelle fasi iniziali di un gruppo omogeneo con veterani di guerra e vittime di Olocausto e sopravvissuti, come la condivisione della storia traumatica, che restituisce l’uscita dall’isolamento e il riconoscimento di sé e degli elementi prima tenuti segreti. Mette altresì in evidenza alcuni fattori di divisione, come la

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Campo del gruppo terapeutico e analitico con pazienti anoressiche

Abstract

Nel contributo si pongono due quesiti principali relativi a possibili concettualizzazioni cliniche in ambito psicoanalitico da adottare nel lavoro con i pazienti anoressici. 1. Il primo concerne la domanda se l’anoressia possa essere descritta come una malattia indipendente, come ad esempio, nelle classificazioni delle psiconevrosi di Freud, la sindrome ossessiva. 2. Il secondo quesito concerne la possibilità di concepire che i pazienti disturbati al livello della oralità ma anche in modi articolati e borderline per altri fattori di immaturità e traumatismo identitari, possano essere trattati utilmente all’interno di un corpo sociale, il gruppo. Il dispositivo plurale infatti, riattualizzando l’esperienza originaria di indistinzione e stimolando per contrasto (v. l’idea di controcampo in Marinelli 2004) il bisogno di differenziarsene quando questa sarà stata trasformata, può essere immaginato come un corpo unico, che può creare la ri-generazione e la ri-nascita delle parti/organi e dell’insieme/organismo. Sono comparati in questo senso i due diversi livelli di lavoro che s’intrecciano nel dispositivo gruppo: come registro di scambio intersoggettivo e come campo comune e condiviso e

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Commento alla relazione di S. Marinelli “Il campo del gruppo terapeutico e analitico con le pazienti con anoressia”

Abtract

Il significato ambivalente del formato di gruppo basato sulla composizione “omogenea” monotematica o monosintomatica è discusso in riferimento alla Presentazione di S.Marinelli e messo in relazione con alcuni elementi della teoria di Bion relativa ai gruppi.

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Il modello gruppoanalitico per la costituzione di una identità personale e sociale dinamica

Abstract

Il modello gruppoanalitico per la costituzione di una identità personale e sociale dinamica. L’identità ha bisogno del tempo per costituirsi, per imparare ad essere flessibile e a trasformarsi, mantenendo un senso di continuità del Sé, un tempo difficile da trovare nella società contemporanea dominata dall’idea del tutto subito. Noi, come psicoanalisti possiamo aiutare a far ripartire il tempo in tutte le sue articolazioni da quella che Pontalis (1997) ha chiamato la Quinta stagione, un nome evocativo per designare l’inconscio, inteso come sistema aperto. La relazione analitica dà al tempo il suo spessore e le cifre specifiche per ogni soggetto che lo attraversa. L’aspetto peculiare del lavoro gruppoanalitico è dato dal fatto che le narrazioni del singolo vengono arricchite e amplificate anche dalle interazioni e dai racconti degli altri con la produzione di movimenti fondamentali verso una sana individuazione e il piacere, e non l’obbligo, della condivisione e dell’appartenenza. Ogni partecipante sperimenta direttamente, seduta dopo seduta, il valore fondativo dell’altro per la costituzione della propria identità. La cultura flessibile e in continuo divenire che si respira fa si che il soggetto non venga appiattito sul sintomo e nemmeno sulla propria appartenenza sociale.
Tutto ciò non avviene senza conflitti che a volte possono degenerare in scontri che il terapeuta deve poter trasformare in una nuova e creativa consapevolezza identitaria, che non teme di meticciarsi con l’identità dell’altro. Questa tematica può essere un valido modello anche per il sociale contemporaneo che non può eludere il confronto con la migrazione che continuerà ad aumentare. E’ auspicabile che il modello gruppoanalitico possa aver diritto di parola nella nostra

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Transiti della Violenza: condivisione e trasformazione del dolore nel lavoro analitico

Abstract

Il presente lavoro si propone di affrontare il tema della violenza dei legami attraverso la presentazione di tre casi clinici. Si partirà dall’analizzare un caso di psicoterapia di coppia. Seguirà un caso di psicoterapia di gruppo ed una vignetta clinica riguardante una psicoterapia di gruppo in Istituzione rivolta ad operatori socio-sanitari. Nei casi di psicoterapia

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Violenza sociale e migrazione: l’emergenza delle tracce traumatiche in un gruppo Photolangage®

Abstract

In un contesto di violenza sociale e di grande precarietà, i flussi migratori contemporanei rimettono in questione i nostri dispositivi di cura e in particolare il setting individuale. La questione riguardante i potenziali traumi legati a una migrazione forzata ci confronta, inoltre, alla complessità del quadro clinico in contesto transculturale. Attraverso un dispositivo originale che prevede l’uso della mediazione delle immagini in un gruppo di richiedenti asilo, cercheremo di mostrare come il ricorso alla terapia di gruppo, da un lato, e alla mediazione fotografica, dall’altro, possa rivelarsi un apporto fondamentale per rilanciare i processi associativi e di rappresentazione degli affetti e fare emergere le tracce traumatiche sottostanti.

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Accogliere il fantasma della morte e del dolore e avviarne la trasformazione emotiva in un laboratorio gruppale

Abstract

Un gruppo di psicologi psicoterapeuti impegnati in diversi servizi sanitari nella cura di persone con malattie somatiche gravi, letali o profondamente invalidanti, discutono di come questo lavoro richieda di confrontarsi con il dolore del limite, della perdita, della morte e con le risonanze emotive che questo evoca.

L’identificazione ai pazienti terminali o gravemente lesi nel corpo è un processo difficile: a volte spinge ad allontanarsi in modo difensivo, altre volte è talmente invasivo da ostacolare la presa di distanziamento necessaria per sviluppare una relazione terapeutica.

Altre fonti di difficoltà nel lavoro del terapeuta in questo ambito derivano dall’incertezza sulla prospettiva temporale e dalle possibili variazioni di setting che spesso è a domicilio del paziente.
Gli autori hanno costituito un gruppo di supervisione con un conduttore esterno, consapevoli che questo carico emotivo può bloccare la relazione terapeutica e lasciare nello psicologo un senso di pesantezza e impotenza. Nel corso degli anni gli incontri si sono trasformati da supervisone sui casi a “laboratorio emotivo”, dove il focus era posto sul

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