Contributi della psicoanalisi allo studio del gruppo

Collana Individuo e Gruppo diretta da S.Marinelli

Introduzione

Giulio Cesare Zavattini

Nel lontano 1935 Balint (Balint, 1935) chiedeva che fosse prestata più attenzione allo sviluppo delle relazioni oggettuali, nel senso che tutti i termini e i concetti psicoanalitici, a eccezione di “oggetto” e di“relazioni oggettuali” si riferirebbero all’individuo da solo,segnalando i limiti di una tradizione di lettura della personalità centrata su ciò che si chiama one-body-psychology , ossia la focalizzazione sulle caratteristiche della mente individuale vista come a sé stante rispetto non solo al contesto, ma anche al tessuto di relazioni che circonda una persona.

Sono note le trasformazioni di questa modellistica nel movimento psicoanalitico che a partire dalle teorie delle relazioni oggettuali ha rivisto ampiamente il paradigma freudiano sino ad arrivare alle recenti posizioni intersoggettivistiche (Mitchell, 2000) in cui viene ripreso il quesito relativo al rapporto tra la configurazione del mondo interno e quella che potremmo chiamare la natura e sviluppo delle relazioni interpersonali (Beebe, Lachman,2002).

Tale linea di ricerca ha determinato, pur con varie differenze, un grande sviluppo nel movimento psicoanalitico internazionale e, nello specifico, nel panorama della psicoanalisi italiana (a partire dai saggi del Convegno di Taormina del 1980 della SPI, sino a saggi recenti tra cui, per esempio,Bezoari, Ferro, 1997; Ferro, 1996, 2004, 2007; Gaburri, 1997; Neri, 2007) conun’accentuazione del tema della coppia psicoanalitica come matrice da cuiprocessualmente emergono i significati e vengono definite le vicendedell’incontro in seduta tra paziente e psicoanalista. Ciò ha implicato non solola rilettura dei modelli e della teoria della tecnica, ma ha portatoall’individuazione di una nuova tipologia di pazienti e ha aperto areed’attenzione nuove che hanno come oggetto d’intervento più che il singolo laloro relazione, avvicinandosi in questo al lavoro congiunto genitori-bambini oquello con le coppie e le famiglie (Manzano, Palacio Espasa, Zilkha, 1999;Lupinacci, Zavattini, 2004; Lieberman, Van Horne, 2005; Santona, Zavattini,2007).

Su un altro piano, come emerge nell’intervista di Hinshelwood (pag. 158 eseguenti) in questo saggio, ancora prima degli sviluppi succintamente sopramenzionati, con il lavoro di Bion (Bion, 1961, 1962, 1967) e di Foulkes(Foulkes, 1964, 1975) si è cominciato a chiedersi come le idee psicoanalitichepotessero adattarsi al setting di gruppo, oppure come le concezionipsicoanalitiche non combacino con il setting di gruppo. In altri termini,parafrasando l’osservazione iniziale di Balint, possiamo chiederci sel’individuo è un’entità differente rispetto al gruppo, che è costituito da uninsieme di individui e, quindi le due entità, ossia quella individuale e quellacollettiva, sono qualcosa di completamente diverso.

Si apre il quesito su cui Francesco Corrao (Corrao, 1998) ha dato contributifondamentali nella cultura psicoanalitica, quando si chiedeva: “ Abbiamobisogno di teorie del tutto differenti per ciascuno dei due livelli ?”.Temi che emergono anche dai tanti saggi, sia sul piano teorico che clinico, daparte di Claudio Neri (Neri, 1996, 2007) a proposito della definizione e dellostatuto del Gruppo nell’ottica psicoanalitica che attinge al pensiero diBion.

Quesito che implica leggere il problema in termini di continuità con ilcorpus teorico della psicoanalisi a partire da Freud, o accentuare i temi delladiscontinuità come per certi versi sostenuto da Bion e Foulkes, anche se– a mio avviso – ciò andrebbe inserito nel contesto storico deldibattito. Oggi, per esempio la tesi di un assottigliamento della distinzionetra soggetto e oggetto appare meno dirompente se consideriamo i contributidella neuroscienze (Gallese, Eagle, Migone, 2007) dell’infant research (Stern,2004), le ultime posizioni intersoggettiviste americane (Bromberg, 1998/2001) oanche, come sopra accennato, il lavoro delle sedute genitore-bambino (Mayes,Fonagy, Target, 2007.

Questo ricco crogiuolo non solo di ‘fermenti’, ma anche e soprattuttod’individuazione di un indirizzo di pensiero visto con particolare attenzioneai temi dell’essere in gruppo, per così dire, è presente in questo complessosaggio di Stefania Marinelli “ Contributi della psicoanalisi allo studiodel gruppo ” che affronta vari livelli, o ‘domini’ del sapere inprimo luogo quello che chiamerei ‘lo statuto del gruppo’, sia come areadi riflessione teorica, come nel primo capitolo e nel secondo, già affrontatanel saggio del 2000, “ Sentire. Saggi di psicoanalisi clinica ”,successivamente l’intervento in campo clinico tramite i gruppi omogenei edinoltre il tema intrigante relativo al domandarsi se la famiglia è un gruppovisto sia attraverso l’iconologia religiosa, sia rispetto ai miti tragici e aidelitti familiari. Nell’ultima parte relativa a ‘ Il contributo dellapsicoanalisi allo studio del gruppo ‘ il lettore troverà invece una serie diinteressanti interviste e dialoghi con vari autori italiani e stranieri cheaffrontano il costrutto del “gruppo” da varie ottiche e vertici.

Venendo ora all’inizio del saggio viene illustrato il tema del Gruppo comespazio psichico, la funzione di pensiero e mente del gruppo ed il concetto dicampo in una prospettiva processualistica con l’intento di cogliere l’aspettomultiforme e autocreativo del dialogo psicoanalitico, da vedersi comeautogenerantesi ed illimitato nel suo divenire. Si potrebbe anche dire che ilGruppo va inteso come un teatro a più voci sottolineando l’aspetto polisemico emolteplice dello scambio terapeutico, nonché la pluralità degli aspetti del sé,ma va colta la trama non nel senso ricostruttivo, ma nelle senso delle forme odella forma del divenire nel suo dispiegarsi a spirale. Il punto che mi sembraqui rilevante è il limite nel trovare “subito” una spiegazione inmodo razionale e con parole e di potere tollerare di stare nella“tempesta” dei sentimenti e nelle varie embricazioni deisignificati.

Come l’autrice suggestivamente scrive nella premessa “…Scrivere e leggere, insegnare e apprendere, analizzare ed essere analizzativanno insieme e il gruppo potenzia la profondità dei campi bilatereali eplurilaterali dell’esperienza di reciprocità: la circolarità dell’esperire epensare se stesso in relazione all’altro e agli altri, e fare esperienzadell’altro in relazione a sé rende l’oggetto gruppo perturbante, ma forte eindimenticabile, ogni volta che ci accompagna nello sconvolgente incontro(a)temporale con lo sconosciuto – in cui ciò che prima era ignoto sipresenta per essere collocato nello spazio-tempo ”.

Qui può essere individuata l’idea della psicoanalisi come un processocontinuamente elaborativo e trasformativo di significati così cara a Corrao ealla lezione di Bion e alla sua idea del pensiero protomentale secondo la qualein situazioni di sviluppo disturbato nelle precoci relazioni di vita puòemergere che un elemento di ordine apparentemente sensoriale può essere ineffetti di ordine psichico e viceversa.

Aspetti che vengono del resto colti, come già accennato, nel capitolo terzodedicato ad un’area d’intervento su cui Stefania Marinelli ha molto lavoratoche riguarda la teoria e le applicazioni in situazioni di particolare gravità,i cosidetti gruppi omogenei su cui già precedentemente l’autrice ha dedicatonel 2004 un bel saggio, “ Il gruppo e l’anoressia”.

Qui il riferimento sul piano dell’assetto mentale in cui posizionarsi, -vedi in particolare l’interessante definizione della nozione di omogeneità ,pag. 75 e successive – sia per quanto riguarda il gruppo omogeneo con pazientianoressiche-bulimiche, sia nei gruppi di formazione con medici ed infermieri direparti oncologici, è al poter tollerare e capire la componented’indifferenzazione fra funzionamenti mentali e corporei quando la paroladiviene svuotata del suo significato affettivo e sostituita da eventi somaticiche divengono come indipendenti, oppure potere stare ‘in sospensione’rispetto a richieste immediate.

L’idea che con pazienti difficili, o nei casi d’impasse terapeutica, è benericorrere a metafore, immagini che riavviano lo sgorgare dei significatiinseguendo e suscitando emozioni e sentimenti e che, sia per il paziente cheper l’analista, rappresentino una base su cui incontrarsi, ossia“sentirsi”, apre la strada nel saggio al riflettere su comenell’iconografia religiosa venga colta e data forma estetica all’indistinto eall’impercettibile anche se qui, a mio avviso, vi possono essere posizionidiverse tra chi teorizza una sorta di simbiosi originaria e chi invece mettepiù in luce la capacità di stare tra gli spazi come Bromberg o la capacità dicogliere i momenti di passaggio e le velature delle emozioni come Stern.Parimenti si può comprendere l’importanza data al tema dell’ inverosimile (pag.144), da vedersi anche come non pensabile, impossibile da pensare come nel mitotragico di Medea.

In sintesi il lettore si troverà all’inizio a misurarsi tra campi diversicon la necessità prima di perdere un filo, confini, per poi approdare a quellacapacità di inseguire un divenire del pensiero con un movimento di andareaventi ed indietro a spirale che è così vicino ai fenomeni che l’esperienzapsicoanalitica ‘”costruisce” nel setting che coinvolge duepersone o più, come nel caso del gruppo, in una stanza o in quello spaziod’intervento definito dal setting.

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