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Il luogo dell’Inconscio non é solo la mente individuale: modelli teorici a confronto

Il rapporto tra la configurazione del mondo interno e le relazioni interpersonali dell’individuo è oggetto di un ampio dibattito nel mondo psicoanalitico. Tale dibattito ha reso possibile aprire il lavoro clinico a nuovi settori d’intervento, nei quali l’oggetto non è più soltanto il singolo individuo, bensì le sue relazioni, con un genitore – nella psicoanalisi infantile – con il partner, con la famiglia – nella psicoanalisi di coppia o familiare, con i membri di un gruppo. Ciò ha implicato non solo la rilettura dei modelli e della teoria della tecnica, ma ha portato all’individuazione di una nuova tipologia di pazienti e un nuova visione della psicopatologia.

Nei modelli psicoanalitici attuali vi è, infatti, maggiormente l’idea di un rapporto più stretto tra il profilo del mondo interno (oggetti interni, sé, intersoggettività) e l’enactment sulle relazioni reali per cui le relazioni interpersonali divengono lo scenario su cui viene appoggiato il mondo interno (Person, Cooper, Gabbard, 2005). Questo aspetto è evidente nel rapporto tra organizzazione interna del genitore e relazioni con i figli, organizzazione interna del partner e relazione di coppia ed indubbiamente nei fenomeni che “si accendono” nei gruppi (Lieberman, Van Horne, 2005; Neri, 2005, 2007; Eiguer, Granjon, Loncan, 2006; Kaës, 2006; Fonagy, Target, 2007; Santona, Zavattini, 2007; Zavattini, 2006).

Balint (1935) sin dal lontano 1935 si chiedeva, del resto, che fosse prestata più attenzione allo sviluppo delle relazioni oggettuali, nel senso che tutti i termini e i concetti psicoanalitici, a eccezione di “oggetto” e di “relazioni oggettuali” si riferirebbero all’individuo da solo, segnalando i limiti di una tradizione di lettura della personalità centrata su ciò che si chiama one-body-psychology, ossia la focalizzazione sulle caratteristiche della mente individuale vista come a sé stante e come l’unico vero luogo dell’Inconscio.

Nella psicoanalisi attuale, invece, la funzione della relazione con l’altro, intesa come uno dei sistemi motivazionali umani, ha contribuito alla definizione di una nuova prospettiva teorica: dal bambino che si difende dal mondo, al bambino che è in relazione con il mondo e viene da quest’ultimo influenzato, ad un bambino che a sua volta é influenzato ed influenza l’ambiente che lo circonda.

Sono note le trasformazioni di questa problematica nel movimento psicoanalitico che a partire dalle teorie delle relazioni oggettuali ha rivisto ampiamente il paradigma freudiano sino ad arrivare alle recenti posizioni intersoggettivistiche (Mitchell, 2000) in cui viene ripreso il quesito relativo al rapporto tra la configurazione del mondo interno e la natura e sviluppo delle relazioni interpersonali (Beebe, Lachman, 2002; Mayes, Fonagy, Target, 2007).

Tale linea di ricerca ha determinato, pur con varie differenze, una notevole riflessione nel movimento psicoanalitico internazionale con un’accentuazione del tema della coppia psicoanalitica come matrice da cui processualmente emergono i significati e vengono definite le vicende dell’incontro tra paziente e psicoanalista (Gallese, Fadiga, Fogassi, Gill, 1993; Ferro, 1996; Bezoari, Ferro, 1997; Bromberg, 1998/2001; Gabbard, Westen, 2003).

Il lavoro di Bion (1961, 1962) ed il concetto di “assunti di base”, è stato determinante perché si è cominciato a chiedersi come le idee psicoanalitiche potessero adattarsi al setting di gruppo, oppure come le concezioni psicoanalitiche non combacino con il setting di gruppo. In altri termini, parafrasando l’osservazione di Balint, possiamo chiederci se l’individuo è un’entità differente rispetto al gruppo, che è costituito da un insieme di individui e, quindi le due entità, ossia quella individuale e quella collettiva, sono qualcosa di completamente diverso. Si apre il quesito segnalato da Francesco Corrao (1998) quando si chiedeva: <<Abbiamo bisogno di teorie del tutto differenti per ciascuno dei due livelli?>>.

In secondo luogo la riflessione che è scaturita dal pensiero di Bion sia sui gruppi che nel lavoro con pazienti gravi (Bion, 1961, 1967) ha facilitato la capacità di distaccarsi dalla dissimetria di ruolo tra paziente e psicoanalista per entrare nel gioco delle “dissimetrie variabili” e circolari non tanto per un affetto di tipo filiale e familiare come pensava Freud, ma per affetto nei confronti del contesto – o campo – in cui prende corpo la relazione terapeutica.

In questa direzione oggi la tesi di un assottigliamento della distinzione tra soggetto e oggetto appare tuttavia meno dirompente se consideriamo i contributi della neuroscienze. La scoperta dei “neuroni specchio” – il cui funzionamento è attivo sia quando vengono eseguite azioni finalizzate a uno scopo, sia quando si osservano le stesse azioni eseguite da altri – illustra, infatti, la <<[…] capacità innata e preprogrammata di internalizzare, incorporare, assimilare, imitare, ecc., lo stato di un’altra persona, e i neuroni specchio costituiscono la base di questa capacità. Ma per il raggiungimento della piena espressione questa predisposizione ha bisogno di avere come complemento un adeguato comportamento del caregiver che lo rispecchi, interagendo con lui in modo coerente o prevedibile[…] Tutte queste concettualizzazioni, molto diverse l’una dall’altra e provenienti da diversi orientamenti teorici, sottolineano l’importanza dell’oggetto (esterno o internamente rappresentato che sia) nel rispecchiare il Sé come una modalità fondamentale di ristrutturare il mondo interno>> (Gallese, Migone, Eagle, 2006).

I quesiti del rapporto tra organizzazione individuale e dimensioni relazionali è, quindi, ormai un tema di fondo nel dibattito psicoanalitico che non riguarda più soltanto la riflessione “anticipatrice” che è venuta dagli studi sul gruppo, ma è andata anche oltre non solo rispetto al modello verticale della rimozione, ma anche a quello orizzontale della scissione.

Dov’è ora il luogo dell’Inconscio?, è una domanda che pervade tutta la psicoanalisi, con differenze notevole nei modelli, nei territori esplorati e nelle tradizioni teoriche dei vari paese, per esempio tra l’area francofona e quella anglosassone della psicoanalisi come emergerà bene dai contributo di questo numero.

Rispetto quesito di cui sopra abbiamo invitato vari studiosi italiani e stranieri a partecipare al dibattito che non ha l’obiettivo di una sistematicità, ma piuttosto quello di “invogliare” ad un Forum in cui potessero confrontarsi in forma polifonica vari “spunti” e “vertici” d’attenzione e di cui ringraziamo sia gli category che hanno generosamente contribuito con un loro lavoro a questo numero di Funzione Gamma, sia coloro che non hanno potuto e che speriamo partecipino in futuro.

Il lettore troverà, quindi, vari punti di riflessione, diversi, non sempre paragonabili: il tema, per esempio delle fantasie originarie come collante tra mente individuale e famiglia, come nel saggio di Anne Loncan, Fantasies, myths and dreams as witnesses of family psychic groupality, la ripresa della problematica bioniana, ma vista sul piano del concetto di Apparato psichico gruppale nel lavoro di Renè Kaës, Pour une troisièm topique de l’intersubjectivité et du sujet dans l’espace psychique commun et partagé, la problematica delle relazioni oggettuali ed il confronto con il tema della regolazione delle emozioni, come nei saggi di David e Jill Scharff, The Interpersonal Unconscious in cui vi è un forte riferimento allo scenario di riflessione delle neuroscienze e della trasmissione intergenerazionale in termini più vicini agli studi dell’infant reserach o di Patrizia Velotti e Zavattini, L’incontro con l’altro nella relazione di coppia: il luogo della reciprocità, in cui si fa riferimento alla relazione di coppia come uno dei luoghi di negoziazione della intersoggettività, il tema dei miti nei sogni nel lavoro di Ravit Raufman, Folkloristic Methods in Dreams Interpretation.

Bibliografia

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Bezoari, M., Ferro, A. (1991). Percorsi nel campo bi-personale dell’analisi. Rivista di Psicoanalisi, 35, 5-47.

Bromberg, P. M. (1998/2001). Clinica del trauma e dissociazione. Standing in the Spaces. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2007.

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Bion, W. R. (1962). Apprendere dall’esperienza. Roma: Armando, 1972

Bion, W. R. (1967). Analisi degli schizofrenici e metodo psicoanalitico. Roma: Armando, 1970.

Corrao, F. (1998). Orme.Milano: Raffaello Cortina Editore.

Eiguer A., Granjon, E., Loncan, A. (2006). La part des ancêtres. Paris: Dunod.

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Kaës, R. (2006). La matrice groupale de la subjectivation. Les alliances inconscientes.In F. Richard, S. Wainrib et al., La subjectivation (pp. 139-162).Paris: Dunod.

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Neri, C. (2005). Gruppo. Roma: Borla.

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Person, E. S., Cooper, A. M., Gabbard, G. O. (2005). Psicoanalisi. Teoria-clinica-ricerca. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2006.

Santona, A., Zavattini, G.C. (2007). La relazione di coppia. Strumenti di valutazione. Roma: Borla.

Scharff, J. S., Scharff, D. E. (1998). Object Relations Individual Therapy. Northvale NJ: Jason Aronson.

Zavattini, G. C. (2006). El “espacio triangular” y el setting en la psicoterapia psicoanalítica de pareja. Psicoanalisis & Intersubjetividad. Familia, pareja, grupos e instituciones, 1. Reperito in www.intersubjetividad.com.ar/