GiorgioneFilosofi

Il valore emozionale della narrazione e l’osservazione del bambino

Abstract

Collocare la narrazione fra questi due limiti, rappresentati dalla storia e dall’osservazione permette di mettere in rilievo il valore di sé come trama emozionale intersoggettiva. Ogni narrazione prende senso in rapporto ad una storia, ogni narrazione si nutre dei dati di senso e dell’attenzione all’altro. La temporalità psichica propria della narrazione non sarebbe la stessa della storicizzazione, ma neppure quella dell’attenzione o dell’osservazione. In questa comunicazione facciamo quindi l’ipotesi che la narrazione introduca nei legami una temporalità psichica a fronte del “fuori-tempo” delle ansie primitive. Appoggiandoci principalmente alla clinica infantile, consideriamo la narrazione come una capacità di rêverie (Bion) che acquista un valore emozionale nelle situazioni intersoggettive. Dapprima esploriamo il “tempo presente” (Stern) ed i rapporti fra la narrazione e la sofferenza primitiva, con l’obiettivo di distinguere il procedimento narrativo da quello della storicizzazione. In un secondo momento studiamo il metodo di osservazione del bambino di Esther Bick. Il tempo di osservazione è utilizzato per sviluppare la capacità di rêverie dell’osservatore, il gruppo può contenere e trasformare sofferenze primitive con un lavoro di “associazione di differenti punti di vista”.

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