L’Amor che move il Sole e l’altre Stelle(1). Breve Presentazione dell’edizione : “Sebben che siamo donne”(2)
Un particolare ringraziamento desidero fare a: Silvia Cimino e Luca Cerniglia, per la collaborazione editoriale; e a Claudio Neri, che ha dato vita al primo gruppo di lavoro nell’ambito del corso “Gruppi al femminile”.
“Io non conosco noi”: furono queste le prime parole dette da Bion, dopo un intenso silenzio, al seminario nel quale incontrava a Roma i soci del “Pollaiolo” (3).
Io non conosco noi (non: voi).
Io non conosco noi, non so chi siamo noi – avrebbe forse detto Bion, richiesto di parlare solo del gruppo delle donne? Non uomini o uomini e donne: solo donne.
Ricordando quel seminario mi chiedo: perché in questo numero della rivista parliamo di una sola “metà del cielo” (4)?
Ne abbiamo sentito dire da sempre tutti noi, delle donne (ma non degli uomini, perché in quel caso parliamo del genere umano). La donna.
Era divieto e tabù nella comunità antropologica.
Era guerra a Troia nel mito greco.
Medea nel Teatro tragico.
E nel gruppo mitologico : Baccanti. Erinni. Parche. Furie, Moire. Eumenidi. Grazie, Muse, Ninfe. Divinità minori ricche di mito e senso, derivate dalle divinità maggiori dell’Olimpo, grandioso e antropomorfico (quello femminile, in particolare, connesso ad una mitopoiesi fortemente espressiva delle funzioni, legami e rappresentazioni femminili: Artemide ; Era ; Afrodite ; Atena ; Demetra/Persefone. Molte divinità e semi-divinità, più vicine agli umani, hanno carattere personificante (Giustizia, Dike ; Vittoria, Nike ; Memoria ; Concordia): sono legate alla vita sociale o ai cicli della vita naturale (Selene ; Aurora ; Gea) o alle figurazioni animali o semiumane (Eco ; Chimera ; Fenice ; Sfinge) o mostruose (Gorgona ; Arpie).
In cielo è stella della sera (Vespero), della notte (Venere), dell’alba (Lucifero).
In oriente dea dalle molte mammelle e dalla potenza immensa.
Nell’era religiosa: costola di Adamo; cacciata dall’Eden; Annunciata e Madonna.
Nell’evo medio era Portatrice di tentazione e peccato. Ascetica. Angelicata.
Era diritto della prima notte feudale; era inviata in convento. Strega. Santa. Eroina. Matriarca.
Era poi disordine psichiatrico, squilibrio e crimine.
Nel secolo della psicoanalisi, divisa durante lo sviluppo sessuale e l’individuazione di sé fra la dipendenza materna e la scelta d’oggetto maschile, incarnata nei bisogni biologici e corporei, era invidiosa del pene e alle prese con il sentimento di castrazione e rivalità.
Fragility, thine name is female (5).
Poi femminista. Donna in carriera. Diva.
Lapidata da traditrice. Celata dal burka. Uccisa da appena partorita prima di essere peso economico. Violata; posseduta; uccisa per delitto d’onore e gelosia.
Fata e strega : mobile qual piuma al vento (6). Ieri sociale e incline alle tessiture relazionali, oggi possessiva e rivaleggiante nel gruppo qualificato dal maschio e dal suo potere.
Le donne cercano e producono un campo femminile nel quale riconoscersi e confermarsi. La tradizione vuole che le vicissitudini travolgano continuamente il campo e che le interferenze e la dispersione identitaria ne sconfermino sovente l’esistenza e la sicurezza. Ma il legame del campo femminile (la vitalità e solidarietà profonde con il campo di genere e generativo) rinnova l’appartenenza e la coesione.
La nozione di campo, come la psicoanalisi di gruppo ha concettualizzato e trattato estesamente, corrisponde allo stato psichico condiviso prodotto dai soggetti che fanno parte di un gruppo. Il campo contiene a sua volta il gruppo e i suoi partecipanti, può avere diverse qualità e può essere descritto da diverse prospettive (7) ; una sua caratteristica costante è di favorire i legami di rispecchiamento, di risonanza (8) e di sviluppare processi sia identificativi sia movimenti differenzianti e di individuazione, sollecitati dal controcampo (9).
Mi riferisco alla possibilità di parlare di un campo femminile che sarebbe capace di rispecchiamento profondo.
La efficace metafora tratta dal mito della dea Baubo, cara al movimento femminista, ne fornisce una illustrazione vivissima : Demetra, privata della figlia Proserpina, che Ade con il consenso di Zeus ha rapito e precipitato negli Inferi, non trova pace e dopo essersi vendicata vietando la fertilità dei campi e dopo avere vagabondato presso gli dei e gli umani, è infine sottratta al lutto per opera della dea Baubo, che le appare mostrandole i genitali. In altre versioni la dea danza; o ancheggia turbinando i capezzoli; o mormora oscenità segrete parlando per mezzo della vagina ; o appare in veste di nutrice di Demetra, che solleva la veste mostrandole la vulva.
Il campo femminile appare così come uno stato accomunante e rispecchiante che mantiene un contatto ombelicale con l’elemento femminile germinale rappresentato da Baubo. Baubo, legata alla dea neolitica della fertilità e dea greca dell’oscenità, è priva della testa, il suo volto, collocato in basso sulle gambe, ha per bocca la vagina e ha per occhi i capezzoli. Ella suscita in Demetra il sorriso e scioglie il lutto e la depressione nel riso, in quanto si collega ad un elemento vivo ed eterno del campo femminile: l’aspetto dell’oscenità legato alla sacralità della sessualità e della fertilità. Ella, parlando con la vagina, parla come scrive Clarissa Pinkola Estés nel libro Donne che corrono coi lupi “con la prima materia, il più fondamentale, sincero livello di verità – la os vitale” …e usa i capezzoli come “organi psichici..(che) reagiscono alla temperatura, alla paura, alla collera, al rumore..(in quanto sono) un organo dei sensi quanto gli occhi”.
Proseguendo lo studio potremmo forse parlare anche di un campo maschile? E magari della comunicazione e coniugazione dei campi femminile e maschile nel gruppo (cioè dell’incontro trasformativo dei differenti piani edipici e pre-edipici)? Ricordo che al tempo privilegiato della supervisione in gruppo con Francesco Corrao presso Il Pollaiolo, due partecipanti portavano per la discussione le sequenze cliniche di due gruppi terapeutici appena avviati: uno tutto maschile condotto da un collega, l’altro tutto femminile condotto da me. Dopo che il gruppo ebbe constatato con sconcerto che si trattava di due circostanze (di scelta del monogenere) concomitanti e involontarie, nacque un dibattito particolarmente sensibile e utile.
Così io non so chi siamo noi, io non conosco noi, ma potrò tollerare di incontrare noi: oggetto generativo che regola l’universo, lo innalza e lo inabissa, lo confonde e lo fa risorgere.
« E’ inutile, scriveva Winnicott, tentare di impedire le guerre e gli incendi stradali, le spedizioni sull’Everest o quelle su Marte, oppure di sopprimere la boxe, se non esaminiamo che cosa vogliono gli uomini. Le donne – tutte le donne in virtù della loro identificazione con le donne del passato, del presente e del futuro – vanno incontro al rischio del parto….vale a dire che vi è un pericolo inerente alla funzione naturale della donna. Gli uomini invidiano alle donne questo rischio ; inoltre, si sentono in colpa perché essi causano le gravidanze e poi stanno seduti a guardare le donne che vanno incontro non solo alla gravidanza, ma anche al parto e alla responsabilità delle prime cure del bambino, che impongono alla donna grandi limitazioni. Così anche loro corrono dei rischi, e lo faranno sempre. Cercano di emulare la donna. Ma quando un uomo muore, è morto, mentre le donne sono sempre esistite ed esisteranno sempre. Un uomo è come l’erba. Quindi, anche gli uomini hanno i loro problemi…..Quindi, senza guerre gli uomini si sentono vuoti ; eppure detestano essere uccisi…. ». Così scriveva Winnicott nelle sue « ..divagazioni tra gli argomenti racchiusi nella parola ‘femminismo’ che appartengono all’interazione universale tra gli uomini e le donne. » (10).
Allora nel grembo della Vita tutti gli eventi possono avvenire, anche lo sgomento e il turbamento per la vita e per la vista dell’altro vivente.
Il terzo millennio, pieno di ubris che regola ogni evento, la Società l’Economia la Scienza la Natura, però non può venire a capo della forza che muove l’universo, che « genera le stirpi, crea il piacere di uomini e dei, che guida i naviganti sotto le stelle trascorrenti in cielo, che celebra le messi della terra e accoppia i viventi: Venere, divina Venere (11), l’Amore ».
L’Amore, di cui Freud, figlio marito padre e psicoanalista, parlava (12).
O cinquant’anno dopo, con Bion : Love Hate Knowledge, Amore Odio Conoscenza, per divenire « O », Verità ultima (13).
In questa edizione particolarmente creativa sono trattati molti temi relativi al ciclo di vita femminile e a diverse condizioni specifiche e storiche, perché « Sebben che siamo donne, paura non abbiamo/abbiam delle belle e bone lingue/e ben ci difendiamo ! ». E soprattutto perché “il gruppo (anche quello editoriale, NdA) potrebbe avere una sua specifica funzione di emersione di un oggetto dalla natura lunare e vincolata al corpo e ai suoi umori : « oggetto irriducibile alla conoscenza » (Ferrari, 1994) tale che il pensiero femminile non sia mai veramente considerato e integrato negli accadimenti del collettivo sociale” (Contributo di Simonetta Bruni a questa Presentazione).
Tre autrici, Giovanna Cantarella, Chiara Valentini e Ivana Arena, riportano i temi più ampiamente trattati nei loro rispettivi libri recentemente pubblicati e recensiti nel Sito (www.Funzione Gamma.it – Site) in occasione di questa edizione.
L’edizione è aperta da una introduzione di Chiara Valentini sui temi storici delle donne e i significati del movimento femminista.
Carole Bebe Tarantelli presenta il tema del trauma.
Una ricerca sul genere e il suo ruolo nell’efficacia terapeutica è discussa da Edith Lecourt e Aude Clémence Truquin. L’esperienza clinica del gruppo terapeutico di donne è elaborata da Giovanna Cantarella come ricerca di dati e significazione complessa. Una classica e interessante ricerca sulla letteratura psicoanalitica e altri ambiti disciplinari di Roberta D’Auria, individua il tema dell’agorafobia come uno specifico storico femminile. Mentre il legame fra trauma e riparazione nell’esperienza della malattia neoplastica al seno, trattato da Simonetta Bruni, propone la reintegrazione del Sé femminile mediante la memoria ricostruttiva delle fasi di vita biologica.
Il tema della violenza, introdotto da una informata trattazione storica di Oria Gargano e da una nota di Eugenia Romanelli in occasione della Giornata Internazionale del 26 novembre scorso contro la violenza sulle donne, è articolato in relazione a differenti trattazioni : la prostituzione e il lavoro delle unità di strada (Germana Cesarano); la violenza della tratta (Luca Cerniglia, Serena Bernabè, Marinella Paciello); la violenza nella intimità della coppia (Francesca Esposito).
Roberta Richetta e Giuliana Ziliotto descrivono mediante esemplificazioni cliniche le occasioni elaborative del trauma femminile all’interno del gruppo terapeutico.
Uno specifico relazionale significativo nel gruppo delle insegnanti nella scuola, delineato da Sabrina Di Cioccio, mette in luce aspetti soggiacenti significativi del gruppo di formazione sociale (vedi nel Sito il formato in progress del settore “Interviste“, diretto dall’autrice).
Infine il parto è descritto come un potente evento fisiologico ed è trattato da Ivana Arena nei termini di una straordinaria risorsa psichica individuale e una risorsa sociale nel campo della ostetricia. Silvia Cimino fa un esame della letteratura e dei dati empirici per descrivere il tema della depressione dopo il parto. Una ricerca biopsicosociale sulla gestazione di donne con diabete condotta da Silvia Mazzuca, Giorgia Morgese, Paolo Gentili, Natalia Visalli, individua il bisogno particolare di riformulazione identitaria.
Un excursus storico, di Alessandra Scarpino, nel campo della lotta sociale femminile illustra un’esperienza di denuncia mediante la fotografia e l’immaginazione onirica.
E allora avanti: leggiamo, pensiamo, discorriamo nell’agorà telematica : siamo donne, diritto di vivere.
O, con le parole di Silvia Corbella : “siamo donne, felici di esserlo, amanti con gioiosa consapevolezza della vita” (11).
Note
1) Dante, Divina Commedia. Paradiso, v.145.
2) La nota canzone operaia e « femminista » della tradizione politica che seguiva le prime lotte sociali dopo l’Unità d’Italia recita il refrain : « Sebben che siamo donne/paura non abbiamo/abbiam delle belle e bone lingue/e ben ci difendiamo ».
3) Quando nel 1979 Wilfred R. Bion fu invitato a tenere a Roma un incontro presso il Pollaiolo con gli analisti, gli operatori, gli allievi del Centro Ricerche di Gruppo convenuti per incontrare il « padre » delle idee formative a cui il Centro si ispirava, iniziò, dopo silenzio, a emettere i primi suoni della sua voce con queste parole : « Io non conosco noi » (non : voi NdA). Questo fu sufficiente per far esperire al gruppo riunito, in un solo istante di esperienza e attonimento, la turbolenza dell’incontro, il timore dell’ignoto, lo stato emotivo sognante, dreamlike.
4) Nota metafora creata per definire poeticamente la donna da Mao Tze Tung, riportata nel Libretto Rosso.
5) Shakespeare, Amleto con riferimento a Ofelia.
6) Dal noto a solo del Duca di Mantova nel Rigoletto di Giuseppe Verdi.
7) La nozione di campo è trattata estesamente da Neri in Gruppo (2001, Borla) nella Introduzione e nel cap.VI.
8) Vedi la concettualizzazione di gruppo come Oggetto-Sé in Neri, Gruppo (1995), capitolo XVI.
9) La nozione è presentata nel capitolo dedicato alle funzioni dell’omogeneità nel gruppo analitico, in : Marinelli S. (2004), Gruppi omogenei, a cura di R.Girelli, S.Corbella, S.Marinelli. Borla.
10) La citazione è tratta dal capitolo Il Pensiero e l’Inconscio, Cercare pericoli, pag.204, in Il luogo delle origini, pubblicato postumo nel 1986 e tradotto in Italia da Raffaello Cortina nel 1990.
11) Libera traduzione dei primi versi del Proemio al De rerum natura di Lucrezio.
12) Il tema, trattato in più opere da Bion, è definito puntualmente in : Gli elementi della psicoanalisi, 1963. Tr.it Armando 1973, Roma.
13) Comunicazione personale durante uno scambio su questa edizione.