Presentazione del numero su Riflessioni sul gruppo degli adolescenti…
I 3 termini attorno a cui si organizza questo numero: adolescenza, gruppo e incidenti sono tre termini intimamente connessi .
L’irrompere dell’adolescenza nella quiete della latenza evoca metafore traumatogene; le trasformazioni della pubertà che bruscamente invadono l’esperienza di sé vengono spesso percepite come un incidente (‘mi è venuta l’adolescenza’ dice una ragazzina toccandosi il torace con l’aria spaventata di chi è stata vittima di un investimento) e segnano una cesura nella continuità dell’esistenza.
Analogamente l’incidente concreto – quello che rappresenta la prima di causa di morte tra i 15 e i 24 anni – ben lungi dall’essere un evento casuale, è per lo più espressione di un ‘agito’, è cioè una azione a due facce , dotata di una doppia valenza , un’ azione che da un lato offre al soggetto una via di fuga dalla consapevolezza e dall’altro mette in scena un trauma senza parole.
E il gruppo? Che nesso c’è tra gruppo, adolescenza e incidente?
Accade di frequente che genitori e educatori si interroghino (e a volte ci interroghino) sui rischi connessi al rapporto tra adolescente e gruppo, un gruppo per lo più percepito minacciosamente come un ‘branco’.
Il fatto è che mentre gli adulti tendono ad immaginare l’adolescente-individuo (il ‘loro’ figlio , il ‘loro’ alunno …. ) come sostanzialmente ‘sano’ ed il gruppo-di-adolescenti come fattore di rischio, gli adolescenti al contrario vivono in tutt’altro modo il rapporto tra rischio e gruppo perché per loro il rischio più grave non è perdere un’anno di scuola, la salute, l’affetto dei genitori … ; il rischio estremo , quello che gli adolescenti più temono è perdere il gruppo ed è proprio per evitare questo rischio che vale la pena di esporsi a tutti gli altri. E uso ‘vale la pena’ in senso letterale perché rischiare in adolescenza non è un piacere come a noi sembra; anche se a noi adulti sembra che i ragazzi siano ‘incoscienti’ e rischino per ‘sventatezza’ o per un edonismo sfrenato; in realtà gli adolescenti rischiano con paura e la negazione del pericolo e l’ipomaniacalità adolescenziale sono solo una sottile vernice spalmata sull’angoscia della passività e della mortalità che urgono e cercano una scena su cui essere rappresentate.
I 3 termini adolescenza, gruppo e incidente sono quindi intimamente connessi e proprio di questa connessione dà mirabilmente conto una delle metafore più celebri dell’ adolescenza, quella del trapezista che deve compiere una pericolosa acrobazia, abbandonare la pedana su cui poggia per lanciarsi nel vuoto verso un fragile ed oscillante trapezio. Questa nota metafora – grazie a cui Erickson descrive il difficile compito evolutivo che ogni adolescente deve affrontare – non per caso si svolge nello spazio scenico del circo, una cornice che conferisce significato altamente rituale e collettivo al rito adolescenziale di separazione–individuazione .
D’altra parte, come gli studiosi delle società tradizionali hanno ben mostrato, il passaggio di fase dell’infanzia all’adolescenza necessita – perché si compia con successo – di una ritualizzazione collettiva in cui 3 sono gli elementi comuni alle diverse tradizioni tribali: la separazione dalla famiglia di origine, l’integrazione nel gruppo dei pari e il confronto con il rischio e il pericolo.
Questo numero di Funzione Gamma ha voluto esplorare l’avventuroso intrecciarsi di adolescenza, gruppalità e rischio (in particolare il trauma/incidente) attraverso una ricca selezione di lavori, lavori che colgono ad ampio raggio i vari livelli dell’intreccio; dai lavori più incentrati sulla teoria e sulla metapsicologia (B. Blanquet; S. Di Cioccio; B. Duez; A.Pazzagli, P.Benvenuti e M. Smorti; G. Morgese, A. Sansalone, A.Fioravanti) a quelli più incentrati sulla ricerca-intervento (Carbone et al., D. Biondo), ai lavori più propriamente clinici (S. Bruni; N. Fina; E. Grange Segeral; A. Manciocchi); tutti i lavori raccolti – pur nella differenza delle prospettive e delle esperienze – compiono uno sforzo importante, quello di tenere insieme e di integrare l’individuale con il gruppale; la ricerca con la prevenzione; gli aspetti adattivi del rischio con quelli coattivi. E’ uno sforzo di integrazione che ciascun clinico ben conosce e compie nel suo impegno terapeutico ma che trova nell’adolescenza un terreno particolarmente fecondo perché l’adolescenza è l’età dei paradossi, l’età in cui antinomie apparentemente inconciliabili trovano spontanea conciliazione ed è quindi quello stato della mente a cui noi tutti continuiamo ad attingere per mantenere vive le nostre capacità dialettiche ed integrative.