Articoli

CarnevaleQuaresima

La formazione degli operatori

Abstract

L’homo sapiens sapiens ha ereditato un enorme potenziale genetico, selezionato nel corso di moltissimi anni, che si è rivelato indispensabile per la sua sopravvivenza, ma che talvolta manifesta alcuni aspetti vestigiali, inutili o anche fastidiosamente ingombranti, determinando una sorta di dissonanza, un mismatch evoluzionistico. L’aggressività è uno di questi aspetti potenzialmente problematici eppure se ben indirizzata può diventare una risorsa e non sfociare necessariamente in violenza e distruttività, divenendo piuttosto una modalità di adattamento efficace in contesti di civiltà. L’uomo si è evoluto anche per poter portare il conflitto a livello simbolico, esprimendolo ed agendolo attraverso la competizione, ponendo così un argine alla violenza.

Continua a leggere

CarnevaleQuaresima

La comunità terapeutica democratica: morbida o dura con la violenza?

Abstract

L’ambiente terapeutico ha un duplice obiettivo: impostare limiti al comportamento patologico (come quello violento) e promuovere le competenze psicosociali. Per raggiungere tali obiettivi, è richiesta ‘una stabile e coerente organizzazione sociale che fornisca un ampio contesto di trattamento integrato’ (Abroms, 1969) e la Comunità Terapeutica Democratica (CTD) fa parte di tali organizzazioni.

Seguendo il pensiero di Tom Main, tuttavia, è la ‘cultura’ della CTD, piuttosto che la sua ‘struttura’, a caratterizzare la natura terapeutica del setting (Main, 1983). Pertanto, in questo scritto, utilizzando degli esempi presi da un setting protetto, l’autore illustrerà come alcune delle ideologie alla base delle CTD si possono tradurre nella pratica clinica.

Il DNA della “cultura” sottostante le CTD deve quindi essere in grado di replicarsi in modo accurato giorno per giorno, in modo da evitare di riproporre uno spazio dove regni ‘un’automatica e irriflessiva ritorsione’- l’incontro o il fronteggiarsi di aspetti speculari – odio con odio, rabbia con rabbia o il desiderio con il desiderio (Lambert, 1981).. In tal modo, può incarnare e presentare ai suoi pazienti una ‘cultura dell’indagine’ (Main, 1983) sostenibile, che può essere finalmente interiorizzata.

Continua a leggere

GiornateRomane

Il clima emotivo: costruzione e contributo al cambiamento

Abstract

Gli autori presentano considerazioni cliniche a partire dalla esperienza maturata nei gruppi multifamiliari. Affrontano il tema della costruzione del clima emotivo e del contesto che favorisce il lavoro del gruppo, così come la funzione dei terapeuti e la co- terapia, l’attenzione alle esperienze emotive, il clima di rispetto e di solidarietà, il rapporto tra mondo

Continua a leggere

TraumaGruppo

Transiti della Violenza: condivisione e trasformazione del dolore nel lavoro analitico

Abstract

Il presente lavoro si propone di affrontare il tema della violenza dei legami attraverso la presentazione di tre casi clinici. Si partirà dall’analizzare un caso di psicoterapia di coppia. Seguirà un caso di psicoterapia di gruppo ed una vignetta clinica riguardante una psicoterapia di gruppo in Istituzione rivolta ad operatori socio-sanitari. Nei casi di psicoterapia

Continua a leggere

I provvedimenti e il dibattito politico sul contrasto alla violenza sulle donne

La storia (recentissima) dei provvedimenti legislativi, di natura penale e non, contro la violenza nei confronti delle donne non può essere letta correttamente, né – a mio avviso – compresa ed “accettata” se non la collochiamo nell’ambito proprio, cioè nell’ambito di una versione conflittuale dei rapporti di potere e dei legami sociali tra i generi.

Ho fatto non a caso riferimento all’esigenza che la legge sia “accettata”. Solo una legge culturalmente accettata, e dunque riconosciuta come ordinatrice necessaria di situazioni, rapporti, diritti, doveri, ha probabilità di essere rispettata e dunque di essere efficace, in quanto appunto se ne riconosca l’utilità e se ne avverta, più che il dominio, la cogenza. Cogenza, peraltro, che sia riflesso di un quadro culturale, ma anche simbolico, di riferimento comune ad una socialità, ad un gruppo di individui o, meglio, alla maggioranza di essi. E vedremo poi quanto conti che si tratti di una maggioranza numerica (come quella che si conta alle elezioni) o di una maggioranza dominante in virtù di rapporti di potere, presenti in quella comunità.

Questa osservazione è tanto più vera, quando ci si riferisce alla norma penale. L’ambito del diritto penale è infatti quello del dominio della forza (che lo Stato esercita in regime di monopolio), con la Continua a leggere

I media e il caso Weinstein, l’occasione oltre la cronaca

Buongiorno, il mio intervento viene dopo quello dell’Onorevole Finocchiaro, che incarna il Poter Esecutivo ed ha avuto nel passato recente un ruolo di primo piano nella rappresentanza al massimo livello del potere legislativo

A me oggi tocca rappresentare un’altra funzione civile che può essere collegata al potere, il potere del racconto, dei media.

Sono qui io,  e non una mia collega della cronaca o il mio direttore, perché  vorrei riferirmi a una vicenda che parte dal massimo livello del mondo dello spettacolo, per diventare un emblema del rapporto distorto che puo’ ingenerarsi tra potere, maschile, e chi quel potere non lo ha, in questo caso il mondo femminile.

E’ il caso Weinstein, fortemente correlato, per altro, con quanto detto dal Continua a leggere

Discorso sulla violenza e/o violenza del discorso?

Difficile inserirmi nel panorama che  è stato fatto da Carol Tarantelli e per questo motivo vi chiedo di fare lo sforzo di passare dalla strada alla casa, e dalla  dismisura dei fatti che sono stati citati  alla misura  domestica che ha molto spesso la violenza sulla quale noi donne  ancora non siamo veramente riuscite  a fare un lavoro diverso da quello che l’informazione e il discorso pubblico propongono. 

Fermo restando  che se non fosse a fronte di un pensiero e una parola delle donne che mi sto muovendo e che forse  non ci sarebbe neanche l’occasione per un   convegno come questo, mi sembra tuttavia un punto irrinunciabile perché le donne e la loro volontà abbiano diritto di cittadinanza  che ogni donna abbia in primis una indipendenza economica anche se minima, che non la consegni nelle mani di un uomo-padrone.  La questione mi interessa tanto più in quanto senza una minima indipendenza economica le donne non possono utilizzare neanche il mio lavoro di psicoanalista. 

Nel mio studio entra  il tema della sessualità non solo e non principalmente attraverso  donne  abusate da un aggressore riconoscibile. Piuttosto le donne che si rivolgono a me  portano un vissuto da abusate Continua a leggere

Il silenzio delle donne

Secondo me, quando si parla di violenza sulle donne, bisogna storicizzare , per capire che non siamo di fronte a uno scontro di genere ma di cultura. Tutti gli esseri umani sono dotati di aggressività e capaci di violenza. L’educazione, la morale,  la cultura, la religione,  tutto ciò che riguarda la pratica della sublimazione,  aiuta l’essere umano a  reprimere quella forza egoistica che tende a imporsi sugli altri.  Le donne storicamente sono state costrette a sublimare e quindi hanno imparato a reprimere la propria aggressività.  Mentre gli uomini  sono sempre stati esortati a esprimere gli istinti di dominio, a volte trasformando il più combattivo e vincente  in un vero e proprio eroe, che ciò avvenga in guerra , o in conquiste territoriali o in  competizioni sul lavoro non importa. La violenza maschile troppo spesso viene considerata segno di virilità.  Ricordiamo comunque  che qualsiasi gruppo, quando prende il potere, si preoccupa di assicurarsi due forme di dominio e di controllo: uno sulla morte, ovvero le guerre, la giustizia, le prigioni e uno  sulla vita, ovvero il ventre delle donne. Tutte le morali sono state costruite su questa pretesa di controllare e guidare il futuro della specie. Da qui i vari tabù, dalla verginità all’adulterio, dalla libertà di voto alla libertà sessuale. Continua a leggere

Cosa puo’ fare la cultura? Riflessioni sull’esperienza del Corso di laurea in Filosofia di Bologna

Ringrazio il collega Iacobelli per questo mix di immagini e musiche estratte dal docu-film Di genere umano realizzato dal regista Germano Maccioni partendo dall’esperienza del “Seminario sulla violenza contro le donne” che è stato attivo presso presso il Corso di laurea in Filosofia di Bologna per tre anni consecutivi dal 2013 al 2016. Il giovane regista, che oggi è giunto sulle pagine dei giornali nazionali per essere stato l’unico italiano selezionato al Festival del cinema di Locarno con il film Gli Asteroidi, era venuto a conoscenza dell’apertura del Seminario da alcune amiche, e ha così deciso lui stesso di parteciparvi. Affascinato dall’atmosfera dell’aula magna piena di giovani (tra cui molti di sesso maschile), incuriosito dalle voci che si rincorrevano per i corridoi dove si continuava a parlare di quanto in aula veniva esposto e commentato, nonché dal confronto generazionale che si andava avviando, nel succedersi delle giornate del Seminario, tra gli studenti e i non pochi cittadini presenti (spesso di età superiore ai 50 anni) al momento del dibattito che seguiva alla relazione, piacevolmente sorpreso di trovarsi lui stesso coinvolto in una riflessione a cui non avrebbe mai pensato di dedicare tanto tempo (ogni anno il corso è stato di 15 incontri di due ore ciascuno), mi Continua a leggere

Per una narrazione non convenzionale della violenza alle donne

Buongiorno a tutti e grazie mille per l’invito a quest’evento di così alto livello.

BeFree cooperativa sociale lavora al fianco di donne che esperiscono violenza di genere, massivamente nell’ambito delle relazioni affettive, e di donne migranti che vogliono fuggire dal meccanismo del traffico degli esseri umani a scopo di sfruttamento sessuale.

Alla base del nostro lavoro c’è l’empowerment delle donne che seguiamo, e che non definiamo mai “vittime” di violenza di genere, “vittime” della tratta, perché definirle “vittime” significherebbe negare la resilienza e la forza che le accompagna e le sostiene nei loro percorsi di affrancamento, significherebbe non poter lavorare CON loro e non PER loro alla  costruzione/ri-costruzione  della loro advocacy, significherebbe appiattire la loro identità in una categoria, significherebbe che il nostro approccio non sarebbe “empatico, non giudicante, non ri-vittimizzante”, come deve essere, come è. Continua a leggere

Oggetti d’amore, oggetti di odio: quando la “follia del dominio” si impossessa della vita psichica

E’ difficile, di fronte alle notizie che quotidianamente ci giungono su gravi delitti nei confronti delle donne quali abusi, stupri, assassini, non oscillare drasticamente e con convinzione emotiva in una polarizzazione di genere e attribuire al genere maschile, tout court, la responsabilità del male che le donne patiscono in molte situazioni.  Le conoscenze di cui disponiamo, il laboratorio di concetti e strumenti così indispensabili per comprendere l’umano  è costituito per me dalla psicoanalisi, dalla  mia pratica di psicoanalista.  Posizione psichica da cui discende l’esigenza di provare ad esprimere una “voce differente” che ha a che vedere con una prospettiva specifica di comprensione della vita psichica.  Ogni emozione, credo, abbia in parte a che vedere con  il passato, e rechi le tracce di una storia che è al contempo universalmente umana e peculiare di ogni soggetto. (M. Nussbaum)  Una voce, quella psicoanalitica dunque, attenta alla singolarità di ogni soggetto umano, inscritto in una storia individuale che lo immette,  fin dal concepimento nell’universo degli investimenti profondi di chi lo ha generato. .Nasciamo all’interno di matrici psichiche,  ogni Continua a leggere

Dalla narrazione ai dati: riconoscere e affrontare la violenza contro le donne

Questo intervento mi riporta alla mia esperienza individuale, nel senso che il discorso tratterà anche la personale declinazione di cosa significa essere una ricercatrice, una studiosa oggi; cosa vuol dire in questo momento occuparsi di violenza contro le donne. In parte molte cose le ha già dette Valeria Babini, noi condividiamo un’esperienza felice: il ciclo di seminari  curricolari dell’Università di Bologna  e il successivo libro Lasciatele vivere, quello è stato un momento altamente politico e io penso che il contributo che una studiosa, una persona che si occupa di questi temi, abbia il pieno senso dell’impegno politico. Ci tengo a sottolineare come una ricercatrice sociale debba in qualche modo entrare nel merito del tema della violenza maschile contro le donne. Il mio intervento è legato ad un coinvolgimento diretto e personale, da una parte c’è un elemento  importante ,ricordato da Oria Gargano: la condivisione dell’esperienza – insieme a Serena Dandini – del progetto Ferite a morte,un libro e un evento teatrale molto strettamente collegato alla mobilitazione dei centri di violenza, delle associazioni femminili e femministe per la ratifica della convenzione di Istanbul, che ancora in Italia non era stata effettuata. Dall’altra, la presenza di un elemento che mi piace ancora sottolineare: la relazione molto stretta che c’è – quando ci si occupa di violenza contro le donne – con il mondo delle associazioni. In questi ultimi 20 anni ho seguitato a lavorare in questo campo, cominciando proprio quando Anna  Finocchiaro è stata nominata ministra delle pari opportunità, la prima in Continua a leggere

La relazione violenta. L’identificazione con l’aggressore

Buongiorno, grazie per l’invito.

PREMESSE: UNA RETE DA COSTRUIRE E MANTENERE

Se le statistiche italiane evidenziano che il numero totale degli omicidi commessi nel nostro paese scende, mentre resta fissa la quota dei femminicidi, la  violenza degli uomini sulle donne deve essere letta   come un fenomeno complesso e strutturale e non come un’emergenza  improvvisa.

Sappiamo bene che il problema delle risorse, per affrontare situazioni di questo tipo, diventa fondamentale.

Porto, a questo proposito, la mia esperienza all’interno del territorio novarese.

Svolgo una parte della mia attività come psicologa psicoterapeuta ad orientamento psicodinamico- psicoanalitico presso la Struttura di Psicologia Clinica della Azienda ospedaliera-universitaria  Maggiore della Carità  che opera anche all’interno della Rete contro la Violenza di Genere, coordinata dalla Provincia di Novara. Continua a leggere

Violenza sulle donne: la risposta del diritto nazionale, europeo e internazionale

Ringrazio in particolar modo gli organizzatori di questo evento per la lungimiranza nella scelta dell’approccio multidisciplinare che hanno dato al tema. A mio avviso questo è il più fecondo tipo di approccio per la realtà così complessa con cui oggi ci confrontiamo, una realtà fatta di rapporti multilivello, intricate connessioni, che spesso oltrepassano i confini nazionali. Non per niente la cattedra Unesco dell’Università di Tor Vergata è divenuta dallo scorso anno cattedra interdisciplinare per le biotecnologie e la bioetica: è una cattedra cui afferisco di cui è titolare il collega prof. Vittorio Colizzi, ordinario di patologia generale, dunque un medico, con il collega prof. Stefano Semplici, filosofo. Il senso è proprio quello di dare tridimensionalità agli argomenti di ricerca. Detto questo ringrazio ancora una volta per avermi offerto l’occasione di contribuire al dibattito e preciso che le opinioni che esprimerò qui oggi sono le mie personali, e non dell’Unesco. Continua a leggere

Le diverse configurazioni della violenza alle donne: quale prevenzione?

Mentre mi accingevo alla scrittura della relazione per la presentazione alla giornata odierna, si affollavano nella mia mente le molte raffigurazioni femminili presenti nei miti: Pandora, Demetra e Persefone, il mito del Paradiso ed altre ancora. Il denominatore comune di queste narrazioni è la celebrazione di un femminile depauperato, svilito, silenzioso, poiché deprivato culturalmente della parola dall’imposizione di un codice patriarcale, che non le ha dato voce ed ha costruito rappresentazioni maschili dell’esperienza femminile.
Vivere la sofferenza in silenzio è stato, per lungo tempo, un modo per le donne di essere al mondo; d’altra parte esse nascono e si sviluppano in un ordine simbolico maschile che ha reso arduo e per secoli impossibile, l’accesso al mondo della conoscenza deprivato, in tal modo, del contributo creativo femminile. Continua a leggere

La rappresentazione della violenza maschile contro le donne nei programmi televisivi: category, vittime/sopravvissute e frames interpretativi

Introduzione

Questo intervento si avvale delle esperienze e dei risultati maturati durante gli ultimi dieci anni, in cui il tema principale della mia ricerca è stato quello della rappresentazione mediale della violenza maschile contro le donne. Parte di questa indagine è confluita nel testo, scritto assieme a Sveva Magaraggia, collega dell’Università Milano Bicocca, dal titolo “Relazioni Brutali. Genere e violenza nella cultura mediale” (Il Mulino 2017). Questo libro ha preso in esame anche la violenza femminile e la sua rappresentazione mediale, sostenendo che c’è una complementarietà tra i due fenomeni (violenza maschile e violenza femminile) e tra le loro rispettive narrazioni mediali. Tuttavia, mentre la violenza agita dalle donne costituisce ancora a tutti gli effetti un tabù Continua a leggere

Campo

Campo gruppale e contesto scolastico. “Quando la società ha prurito ci si gratta a scuola”

Abstract

Abbiamo scelto questa frase iniziale come titolo al nostro lavoro perché crediamo che dia conto di alcune credenze inconsce che sono condivise dai gruppi sociali che costituiscono la comunità, tra genitori, giornalisti, docenti, studenti, politici, governanti.
Attraverso una lettura bioniana, potremmo dire che questi gruppi evidenziano convinzioni che li fanno funzionare come gruppi in assunto di base, sia perché la scuola ha un Leader rappresentante o che incarna un Messia che risolve tutto, sia perché diventa pericolosa e deve essere oggetto di Attacco, non rispondendo, in definitiva, alle aspettative in essa depositate. Questo aspetto è ciò che incontriamo nei discorsi e nelle rappresentazioni oggetto del nostro studio, dal 2005 al 2011, in una ricerca sulla “violenza nella scuola”.
La stessa ricerca ha avuto come focus d’interesse diversi livelli di insegnamento nella zona meridionale della provincia di Buenos Aires e nella zona nord-est della Capitale Federale.
In questo articolo, attraverso un punto di vista che sottolinea il concetto di campo, ci concentreremo su riflessioni che riguardano i gruppi che integrano il livello secondario di insegnamento ufficiale. Tratteremo le rappresentazioni collettive che hanno genitori, docenti ed adolescenti su ciò che “sentono, pensano e fanno in qualità di gruppi integranti dell’istituzione-scuola” quando si verifica un incidente critico nello scenario scolare.
Abbiamo realizzato inchieste, colloqui ed osservazioni partecipanti sugli effetti dell’identificazione interpretata da ogni gruppo come “violenza” e su quali siano le sue pratiche per affrontarla, così come le proposte per fare prevenzione.
Per contestualizzare il tema della ricerca, ci interessava precisare da quando è emerso il problema della violenza scolastica e il concetto operante di bambino, adolescente ed adulto.
Per questo motivo abbiamo anche lavorato sull’archeologia e la storicizzazione della violenza e dell’adolescenza.
Malgrado un alto numero (210) di inchieste e colloqui, non è stato possibile fare una ricerca statisticamente significativa, ma una ricerca qualitativa ed esploratoria che identificherà le variabili e/o le dimensioni del problema.
Si è trattato di un lavoro interdisciplinare, per cui abbiamo costituito una rete tra il Dipartimento di Ricerca dello IUSAM (Istituto Universitario di Salute Mentale dell’Associazione Psicoanalitica di Buenos Aires) e l’ISFD (Istituto Superiore di Formazione Docente) di Avellaneda. Continua a leggere

Donne

Donne vittime di violenza: presa in carico e impatto del lavoro di cura sulle operatrici

Abstract

Le storie individuali delle donne che subiscono violenza da parte del partner vanno analizzate alla luce di un unico comune denominatore: il loro avvenire in un contesto sociale, in una cultura, in un sistema di ruoli, pregiudizi e stereotipi ancora improntato ad un concetto di subalternità di tutte le donne. Condurre le donne seguite ad affrontare in questa ottica le vicende che le hanno segnate rappresenta un nodo fondamentale dell’accoglienza specializzata, perché consente alle “vittime” di sciogliere una serie di dubbi, di inadeguatezze e colpe personali in una visione chiara del contesto generale che ha fatto da “sfondo” alla propria biografia, e fa sì che l’operatrice si muova nei loro confronti con un atteggiamento empatico e non giudicante, e sia capace di individualizzare gli interventi e dare vita a progetti personalizzati adeguati. Continua a leggere

Migrazioni

I pesci rossi dalla coscienza a scomparti

Abstract

Nel 1974 l’Italia si trasformava da paese di emigranti a paese di immigrati. Sono ormai passati più di trent’anni da quella data e gli immigrati svolgono un ruolo sempre più importante nel Paese. Di fronte alle conseguenze del fenomeno migratorio l’autore cerca di mostrare l’importanza di una panoramica d’insieme che non perda la concretezza dei singoli riferimenti. Nell’articolo vengono analizzate le novità del «pacchetto sicurezza», non più normativa in materia di immigrazione ma complesso di norme sulla sicurezza pubblica. Il case study delle comunità Rom permette invece di cogliere i limiti del modello multiculturalista e le derive di etnogenesi. L’autore cerca inoltre di mostrare il ruolo crescente dei mass media, non più variabili dipendenti ma co-costruttori della realtà sociale, dalla cui analisi non può più prescindere nessuna scienza sociale. Le conseguenze, infine, per “chi arriva in Italia” e per “chi in Italia c’era già” vengono interpretate alla luce delle prospettive dell’antropologia della violenza: dalle ormai famose tesi di Hanna Arendt, al petit malaise di Pierre Bourdieu, al continuum genocida di Nancy Scheper-Hughes. Continua a leggere