Una casa per il drago
Abstract
Di Giovanni ha denominato ludemi (2005) le unità minimali del gioco e sono gli agglomerati di ludemi che danno vita al pensiero scenico, lavorando appunto attraverso il corpo in gioco.Anna Baruzzi, parlando dei gruppi per l’età evolutiva, descriveva il lavoro con le emozioni come il compito di “dare una casa al drago”.
Il lavoro terapeutico di gruppo con bambini piccoli non può prescindere dall’uso del gioco condiviso che include la messa in gioco a livello corporeo del terapeuta stesso. Il coinvolgimento corporeo diventa la prima casa in grado di accogliere il drago, ovvero le emozioni bollenti. Nel piccolo gruppo a funzione analitica si passa attraverso le forme del caos in cui tutto é indecifrabile, i giochi non sono compiuti, la stanza viene messa a soqquadro. Tutti i conduttori sono tuttavia concordi nell’affermare che si debba tollerare questo stato di caoticità pervasiva prima di arrivare ad un clima produttivo. La tolleranza del nonsenso rappresenta l’attesa del momento in cui il gruppo si schiude verso altre possibilità.
Dare una casa al drago equivale ad offrire un contenitore affinché poco alla volta le cariche emozionali invece di essere evacuate possano essere canalizzate e quindi diventare pensiero. In questo percorso anche il corpo sarà un mezzo importante per trasformare gli stati delle proto-esperienze, per dare loro uno scenario e favorire la loro traduzione Si può senza alcun dubbio affermare che il contatto corporeo nei gruppi di bambini ha questa funzione: dare una casa al drago affinché il fuoco dell’eccitazione si trasformi in quel calore sufficiente a permettere che le emozioni diventino pensabili e narrabili.